Affitto di azienda: i lavoratori assunti dall’affittuario “passano” all’affittante?

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Affitto di azienda: i lavoratori assunti dall’affittuario “passano” all’affittante?

Nello studio del trasferimento di azienda spesso l’attenzione è stata concentrata sull’individuazione dell’oggetto negoziale e soprattutto sugli effetti che tale operazione genera sui rapporti di lavoro instaurati dal cedente e trasferiti al cessionario.

L’azienda o il ramo di azienda oggetto di trasferimento

Quanto all’individuazione dell’azienda, è opinione condivisa che l’oggetto del trasferimento si appunta sull’organizzazione e sull’attività di impresa. In sostanza, ciò che viene trasferita non è un’azienda inerte, ma funzionante nel mercato, perché destinata a realizzare concreti obiettivi commerciali.
Se poi il trasferimento riguarda il ramo di azienda, la S.C. è ormai consolidata nel ritenere che un complesso di beni aziendali può qualificarsi come ramo funzionalmente autonomo, sempre che abbia anche la sola effettiva potenzialità di atteggiarsi come attività di impresa. Tale potenzialità presuppone la valutazione complessiva di una pluralità di elementi materiali e immateriali, tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa (Cass. civ. Sez. lavoro, 04/12/2012, n. 21711; Cass. civ. Sez. lavoro, 26/01/2012, n. 1085; nella giurisprudenza di merito cfr. Trib. Roma, 03/03/2008).

Gli effetti del trasferimento sui rapporti di lavoro

Il trasferimento dell’azienda o del ramo di azienda comporta, ai sensi dell’art. 2112 comma 1 c.c., che i rapporti di lavoro incardinati dal cedente proseguano inderogabilmente con il cessionario, essendo conferita ai lavoratori la facoltà di rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa, con gli effetti di cui all’art. 2119, comma 1, c.c., qualora le condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento.

Il regime di solidarietà tra cedente e cessionario

La successione dei rapporti di lavoro è accompagnata, ex art. 2112 comma 2 c.c., anche dal regime di responsabilità solidale tra cedente e cessionario in relazione ai debiti retributivi e contributivi eventualmente sussistenti al momento del trasferimento d’azienda, ancorché tali poste debitorie non siano effettivamente conosciute dal cessionario (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 06/03/2015, n. 4598).

Il trasferimento inteso non solo come vendita

Le regole testé descritte valgono non solo nel caso di cessione di azienda o di ramo di azienda, dal momento che la fattispecie di cui all’art. 2112 c.c. si ritiene integrata da qualsiasi operazione che comunque comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata. In sostanza, ciò che rileva ai fini dell’operatività della disciplina di cui all’art. 2112 c.c. è la sostituzione della persona del titolare dell’azienda, indipendentemente dallo strumento tecnico-giuridico adottato, che invero può consistere nella vendita oppure in una fusione ovvero financo nell’affitto dell’azienda o di un ramo di essa (Cass. civ. Sez. lavoro, 23/07/2012, n. 12771; cfr Cass. civ. Sez. III, 16/04/2009, n. 9012; analogamente Cass. civ. Sez. lavoro, 04/09/2003, n. 12909).

L’affitto dell’azienda o del ramo di azienda

Mediante il contratto di affitto, il locatore (affittante) concede ad un terzo (affittuario) il diritto di utilizzare la propria azienda, oppure un ramo di essa, dietro corrispettivo di un canone. 
Durante il periodo di affitto, l’affittuario, ai sensi dell’art. 2558 comma 3 c.c., subentra automaticamente, salvo diverso accordo, nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, sempre che gli stessi non abbiano carattere personale. La norma, per il principio di simmetria, è applicabile anche all’affittante, una volta concluso il contratto di affitto, per i contratti conclusi dall’affittuario durante la gestione dell’azienda affittata.
Ci si chiede, allora, se i contratti di lavoro stipulati dall’affittante per la gestione dell’azienda o del ramo oggetto di trasferimento passino all’affittuario e, soprattutto, se alla scadenza del contratto di affitto e quindi in occasione della “retrocessione” dell’azienda o del ramo di essa, tali contratti di lavoro, ovvero quelli ex novo stipulati dall’affittuario, ritornino o meno nella titolarità dell’affittante. Invero, l’eventuale passaggio dei contratti di lavoro dall’affittante all’affittuario e viceversa dall’affittuario all’affittante potrebbe infrangersi sull’assunto che conferirebbe a tali contratti natura personale.

La sorte dei contratti di lavoro

In linea di principio, infatti, il contratto di lavoro è caratterizzato dalla particolare rilevanza soggettiva delle parti stipulanti e dallo spessore che assume l’elemento della fiducia personale, e pertanto, a prima facie, sembrerebbe ricadere nella deroga sancita dall’art. 2588 c.c..
Tuttavia la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l’art. 2558 c.c. non si applichi ai contratti di lavoro, stante l’operatività, per questi ultimi, della speciale disciplina di cui all’art. 2112 c.c..
La S.C. ha infatti stabilito che, ove le parti non abbiano convenuto una diversa regolamentazione, il fenomeno successorio concerne “soltanto i cosiddetti 'contratti di azienda' (aventi ad oggetto il godimento di beni aziendali non appartenenti all’imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale) e i cosiddetti 'contratti di impresa' (non aventi ad oggetto diretto beni aziendali, ma attinenti alla organizzazione dell’impresa stessa, come i contratti di somministrazione con i fornitori, i contratti di assicurazione, i contratti di appalto e simili) […]”. Secondo la S.C., da quest’ultima categoria restano esclusi i contratti di consorzio, di edizione e i contratti di lavoro, perché tutti “soggetti a specifica diversa disciplina”, che, per quel che riguarda la materia lavoristica, si rinviene, per l’appunto, nell’art. 2112 c.c. (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 29/03/2010, n. 7517 per la giurisprudenza amministrativa cfr. Cons. Stato Sez. III, 30/04/2013, n. 2368; per la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Firenze Sez. lavoro, 19/02/2015)
Proprio perché l’art 2558 c.c. (che è norma suppletiva nel senso che dispiega effetti ove non sussista una diversa disciplina convenuta dalle parti) non si applica ai contratti di lavoro resta, altresì, esclusa la possibilità per le parti di pattuire, al riguardo, una diversa regolamentazione successoria, che comunque, per inciso, non supererebbe il vaglio della validità, attesa l’inderogabilità dell’effetto traslativo previsto dall’art. 2112 comma 1 c.c..
Alla luce di tale premessa, si può dedurre che i dipendenti assunti dall’affittante, per la gestione dell’azienda o del ramo di azienda affittato, passino all’affittuario. I rapporti di lavoro sottoposti al trasferimento risulteranno altresì garantiti dal regime di responsabilità solidale stabilito dal comma 2 del medesimo art. 2112 c.c..
Non appare altresì revocabile in dubbio che, alla scadenza del contratto di affitto i rapporti de quibus, sempre che siano ancora in essere, retrocedano all’affittante. Incidentalmente, ove alla cessazione del contratto di affitto, tali rapporti risultino, per qualsiasi evenienza, risolti, si ritiene che la consistenza qualitativa/quantitativa di tali rapporti (vista in termini non solo di costo del lavoro, ma anche di professionalità) debba formare oggetto di valutazione, sicché le relative risultanze andranno regolate in denaro, attesa l’operatività dell’art. 2562 c.c..

I lavoratori assunti dall’affittuario

Aspetto più delicato riguarda, invece, la sorte dei contratti di lavoro conclusi dall’affittuario durante la gestione dell’azienda o del ramo preso in affitto e non estinti prima dello scadere del termine di durata del contratto di affitto.
L’affittante, invero, potrebbe essere indotto a eccepire l’estraneità di tali rapporti dai contenuti dell’operazione negoziale, così come pattuita ab initio.
Si tratta però di un’osservazione che non tiene conto delle dinamiche correlate al potere di gestione dei beni aziendali.
L’art. 2561 comma 2 c.c. dispone che l’affittuario deve “gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte”. Tale potere di gestione postula la facoltà dell’affittuario di disporre dei beni e delle risorse aziendali nei limiti fissati dalle esigenze della produzione e nel rispetto delle caratteristiche strutturali e funzionali dell’azienda.
In altre parole, mediante l’esercizio del potere di disposizione l’affittuario appare legittimato, non solo ad acquistare o alienare beni materiali o immateriali, ma anche ad assumere o licenziare dipendenti, nella misura in cui tali operazioni non stravolgano la destinazione economica dell’impresa.
Appare, allora, fisiologico che l’azienda, al termine del contratto di affitto, risulti composta in tutto o in parte da beni e risorse differenti rispetto a quelli che hanno formato oggetto dell’originario diritto di godimento trasferito. Tale variazione, infatti, è immanente al potere di disposizione dell’azienda affittata e appare altresì in armonia con la natura giuridica dell’azienda, che si configura come universitas iuris in costante mutamento e comprendente cose materiali, mobili e immobili, beni immateriali, rapporti di lavoro, debiti e crediti con la clientela (cfr. Trib. Milano Sez. VIII, 24/05/2010).
In sostanza, la diversità del patrimonio aziendale, se è vero che non può dispiegarsi fino al punto da comportare una trasformazione o meglio uno stravolgimento della fisionomia funzionale dell’impresa, viene considerata come effetto naturale del potere di gestione attribuito all’affittuario: le risultanze del potere gestorio, debitamente inventariate e valutate ai fini dell’applicazione dell’art. 2562 c.c., non potranno che formare oggetto del passaggio a ritroso in favore dell’affittante.
Nel coacervo dei beni e delle risorse aziendali oggetto di retrocessione dovranno essere ricompresi anche i contratti di lavoro conclusi dall’affittuario, perché espressione di esercizio del potere di gestione dell’azienda. In tale contesto, l’unica, ma rilevante, peculiarità, è costituita dell’applicazione, in favore dei lavoratori, dello speciale regime di cui all’art. 2112 c.c..
L’eventuale argomentazione che vorrebbe escludere il passaggio all’affittante dei dipendenti assunti dall’affittuario, sull’assunto che i relativi contratti di lavoro non risulterebbero compresi nell’insieme di beni e di risorse originariamente affittate, appare cedevole rispetto alla tesi basata sull’inderogabilità degli effetti discendenti dal combinato disposto di cui all’art. 2112 c.c. e all’art. 2561 c.c..

Affitto e ispezione del lavoro

Sul piano ispettivo, le argomentazioni testé esposte, legittimano gli ispettori del lavoro ad appurare, in funzione dell’applicazione del regime sanzionatorio, consequenziale al portato normativo di cui all’art. 2112 c.c. e all’art. 2561 c.c., quali siano i rapporti di lavoro trasferiti dall’affittante all’affittuario e quali invece quelli retrocessi dal primo al secondo, in occasione della cessazione del contratto di affitto. I lavoratori coinvolti potranno essere destinatari di diffide accertative ex art. 12 D.lgs. n. 124/04 in funzione dell’eventuale recupero di crediti retributivi e contribuitivi. D’altro canto, invece, le parti stipulanti il contratto di affitto potranno essere passibili di provvedimenti ispettivi volti a regolarizzare, nella documentazione aziendale, le vicende traslative dei rapporti di lavoro, qualora vengano riscontrate carenze inerenti alla suddetta fattispecie.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza.
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