Collaborazioni ed associazioni in partecipazione alla luce del D.Lgs. n. 81/15

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Collaborazioni ed associazioni in partecipazione alla luce del D.Lgs. n. 81/15

Le collaborazioni coordinate e continuative

Ai sensi dell’art. 52, D.Lgs. n. 81 del 15 giugno 2015, le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003, relative alle collaborazioni coordinate e continuative a progetto, sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto al 25 giugno 2015.

Resta, però, la possibilità di stipulare contratti di collaborazione coordinate e continuative ex art. 409 c.p.c.

La presunzione di subordinazione

Ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 81/15, a far data dall’1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro.

Si tratta, senza dubbio, di una presunzione di subordinazione di tipo “relativo” che potrà essere superata con la prova contraria da parte del datore di lavoro e che si applicherà, per l’appunto, alle collaborazioni le cui modalità di esecuzione saranno organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

D’altra parte l’esclusività della prestazione è una caratteristica anche del lavoro autonomo, così come la continuità non può essere sintomo di subordinazione e, inoltre, rimanendo la possibilità di stipulare contratti di co.co.co. ex art. 409 c.p.c., non si può negare la legittimità di rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

Quindi, come evidenziato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con circolare n. 13 del 25 giugno 2015, la nuova riforma tende a spostare l’indice di valutazione sulle modalità organizzative adottate dall’azienda, attribuendo le medesime tutele previste per i lavoratori subordinati, anche a quelle forme di collaborazione che per caratteristiche di tempo e di luogo (e quindi per i profili organizzativi) sono sostanzialmente assimilabili al lavoro subordinato.

La suddetta presunzione non troverà applicazione con riferimento:

  • alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

  • alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

  • alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

  • alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289.

La certificazione dei contratti

E’ possibile, comunque, certificare il contratto di collaborazione coordinata e continuativa dinanzi alle Commissioni di certificazioni di cui all’art. 76, D.Lgs. n. 276/2003, le quali dovranno “certificare” l’assenza dei requisiti di eterodeterminazione della prestazione lavorativa.

Nonostante la norma specifichi che in sede di certificazione il lavoratore potrà farsi assistere “da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro”, non bisogna dimenticare che, ai sensi dell’art. 5, comma 4, DM 21 luglio 2004, il datore di lavoro ed il lavoratore possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni sindacali o di categoria o da un professionista regolarmente abilitato (si ricorda che tale assistenza è necessaria qualora la parte sia presente in persona di un proprio rappresentante).

Quindi, a parere di chi scrive, sarebbe ammissibile l’assistenza non solo da parte dei Consulenti del Lavoro ma anche da parte degli altri soggetti - come ad esempio i commercialisti – che curano gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, ex lege n. 12/1979.

Le associazioni in partecipazione

L’art. 53, D.Lgs. n. 81/2015, modifica l’art. 2549 c.c., eliminando le associazioni in partecipazione in cui l’associato sia una persona fisica e apporti, anche solo in parte, prestazione di lavoro.

Rimangono tuttavia in vigore, fino alla loro cessazione, i contratti di associazione in partecipazione in atto al 25 giugno 2015, nei quali l'apporto dell'associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro.

Tuttavia – come evidenziato dalla citata circolare della Fondazione Studi – poiché la norma fa riferimento alle “persone fisiche”, continuano ad avere efficacia le associazioni in partecipazione con apporto di lavoro, laddove l’associato sia rappresentato da un soggetto societario.

Quindi, a titolo esemplificativo, Srl Unipersonali o Società in Accomandati Semplice potranno stipulare contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro.

La stabilizzazione

Al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nonché di garantire il corretto utilizzo dei contratti di lavoro autonomo, il Legislatore ha previsto una “sanatoria” di cui potranno usufruire i datori di lavoro privato che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, assumeranno con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato:

  • soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto;

  • soggetti titolari di partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo.

La sanatoria consiste, in pratica, nell'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione.

Tuttavia, per fruire delle suddette agevolazioni, è necessario che:

  • i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi di cui all'articolo 2113 c.c., quarto comma (trattasi delle conciliazioni in sede sindacale, davanti alla Commissione di certificazione ex art. 410 c.p.c., nelle sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative e dinanzi al Collegio di conciliazione e arbitrato irrituale) o avanti alle Commissioni di certificazione;

  • nei dodici mesi successivi alle assunzioni a tempo indeterminato, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.


 

                                              Quadro delle norme

Artt. 2113 e 2549 c.c.

Art. 409 c.p.c.

Legge n. 12/1979

Legge n. 289/2002

D.Lgs. n. 276/2003

D.Lgs. n. 81/2015

DM 21 luglio 2004

Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, circolare n. 13 del 25 giugno 2015


 

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