Le prossime novità sul lavoro accessorio

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Le prossime novità sul lavoro accessorio

Lavoro accessorio poche luci e molte ombre

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha approvato, in via preliminare, un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive, tra l’altro, del D.lgs. n. 81/15, contenente la disciplina di riferimento per le tipologie contrattuali utilizzabili nel mercato del lavoro. Va premesso che si tratta di una proposta di modifica e che pertanto le disposizioni ivi contenute non sono ancora entrate in vigore.
Le modifiche che qui interessano riguardano il lavoro accessorio.
A un anno dall’emanazione del D.lgs. n. 81/15, il Legislatore torna nuovamente su tale fattispecie normativa, mediante un correttivo volto a contrastare i fenomeni di elusione e di abuso dei buoni lavoro. I dati statistici sulla diffusione di siffatti sistemi di pagamento, unitamente alle risultanze di verifiche ispettive condotte in materia, hanno mostrato un quadro inquietante, perché contrassegnato da una preoccupante disinvoltura nell’utilizzo dei voucher, che in più di un’occasione è culminato in vere e proprie truffe commesse in danno al sistema previdenziale e agli stessi lavoratori.
Non pare di essere troppo severi se si afferma che l’attuale situazione è forse sintomatica di un’insofferenza, o meglio di una difficoltà, del Legislatore a regolamentare un istituto che, nato per disciplinare marginali settori del mercato del lavoro, nel corso degli anni è stato impropriamente esteso a tutto il sistema produttivo, con esiti senz’altro disfunzionali, perché si è prestato a divenire un surrogato delle ordinarie forme di lavoro, frustrando gli obiettivi di crescita economica e professionale delle aziende e degli stessi lavoratori.

Le modifiche di prossima emanazione

Senza trascendere ulteriormente, pur nella consapevolezza che il tema assume una rilevanza politica primaria, se non altro perché il lavoro è la principale forma di espressione della persona, si possono esaminare le novità che dovrebbero essere apportate a breve con il decreto approvato dal Governo.
La tracciabilità delle singole prestazioni
La prima modifica è volta a garantire la piena tracciabilità dei voucher.
Ad oggi l’art. 49 comma 3 del D.lgs. n. 81 cit. pone a carico dei committenti imprenditori o dei professionisti l’obbligo di comunicare alla Direzione Territoriale del Lavoro (ma in mancanza di attivazione dei canali telematici la comunicazione va ancora effettuata all’INPS) le generalità del lavoratore, il luogo della prestazione lavorativa e l’arco temporale di riferimento, il quale non deve essere superiore a trenta giorni. Premesso che la norma non dispone espressamente anche con riferimento ai soggetti privati non imprenditori o professionisti, la comunicazione, ove prevista, deve essere effettuata una sola volta e prima dell’attivazione dei buoni lavoro, sicché, nel corso del periodo temporale di validità dei buoni (si ripete, trenta giorni), non occorre che la stessa venga inviata dal committente per ogni singola prestazione lavorativa.
Mutuando la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente, il comma 3 dell’art. 49 del D.lgs. n. 81 cit. viene riscritto nuovamente e il correttivo prevede che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, devono effettuare la comunicazione, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione di lavoro accessorio. Pertanto, alla luce della proposta di modifica, e salvo quanto si dirà nel prosieguo, oggetto della comunicazione dovrebbe essere ogni singola prestazione di lavoro accessorio. Altro aspetto non secondario è che la comunicazione deve essere effettuata all’Ispettorato Nazionale del lavoro, segno quest’ultimo evidente che il nuovo Istituto sarà a breve operativo. La comunicazione va inviata mediante sms o posta elettronica, i cui contenuti continuano a essere i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. Attenzione, però, perché, nel correttivo, scompare il riferimento all’arco di durata di validità della comunicazione e dei buoni lavoro, a oggi, contenuto in giorni trenta. Ciò porta a ritenere che, nel nuovo sistema, il periodo temporale di utilizzazione dei buoni potrà essere anche superiore a trenta giorni, fermo restando l’obbligo di comunicazione che assiste ogni singola prestazione.
La nuova disposizione non menziona tra i destinatari dell’obbligo i soggetti privati non imprenditori o professionisti. Se si tratta di lapsus calami vi è ancora il tempo per intervenire, diversamente il principio di legalità suggerisce un’interpretazione che esclude tali soggetti dal campo di applicazione dell’art. 49 comma 3 del D.lgs. n. 81 cit. e dal relativo regime sanzionatorio.
Altra novità interessa i committenti imprenditori agricoli, giacché questi ultimi sono tenuti a comunicare, sempre entro 60 minuti prima dell’inizio della singola prestazione e con le stesse modalità previste per i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. Quest’ultimo dato, diversamente da quanto previsto per i committenti imprenditori non agricoli e per i professionisti, viene contenuto espressamente in un periodo non superiore a sette giorni.

Il regime sanzionatorio

Il decreto assoggetta l’omessa comunicazione della singola prestazione a sanzione amministrativa, compresa tra €. 400 ed €. 2.400. È stata esclusa espressamente l’applicazione della procedura di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04. Sicché, la misura della sanzione risulta fissata, ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689 cit., nell’importo di €. 800,00, applicato per ciascun lavoratore, in relazione al quale è stata omessa la comunicazione.
Si pone subito la questione se la commisurazione della sanzione vada rapportata al singolo lavoratore e contenuta in un determinato periodo temporale.
La domanda era sorta con riferimento alle comunicazioni inerenti al lavoro intermittente e nell’occasione il Ministero ha osservato che, per tale violazione, la sanzione deve essere parametrata in relazione a ciascun lavoratore e su un periodo temporale di durata pari a trenta giornate (circolare del 22.4.2013, prot. n. 37/0007258). L’addentellato normativo dell’interpretazione si rinviene nell’art. 35 comma 3 bis del D.lgs. n. 276/03, come ribadito dall’art. 15 comma 3 del D.lgs. n. 81 cit., a tenore del quale il datore di lavoro prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni è tenuto a comunicare alla Direzione Territoriale del Lavoro la chiamata del lavoratore mediante modello “UNI-Intermittente”.
Sennonché, alla luce delle modifiche che dovrebbero essere apportate con il decreto qui in commento, tale metodologia di calcolo della sanzione non pare applicabile tout court al lavoro accessorio. Invero, il correttivo normativo ha eliminato il riferimento al periodo di validità temporale ai buoni di lavoro, a oggi previsto in trenta giorni.
Sicché, se si considera che il regime normativo di cui alla L. n. 689 cit. è contrassegnato dal divieto di analogia (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 26/01/2012, n. 1105; Cons. Stato Sez. VI, 20/09/2012, n. 4992), ne segue che la sanzione per omessa comunicazione della prestazione accessoria andrà calcolata per ogni singolo lavoratore e per ogni singola omissione, risultando, a tal fine, irrilevante l’ambito temporale entro il quale poter far confluire le plurime violazioni eventualmente commesse. Se così fosse, in applicazione del principio di matrice penale tot crimina tot poenae, al trasgressore andranno applicate tante sanzioni quanti sono gli illeciti da costui commessi, con la conseguente configurazione di un regime sanzionatorio più severo rispetto a quello previsto per il lavoro nero.
Semmai, il dato temporale può assumere rilievo per la determinazione della sanzione in caso di illeciti commessi dai committenti imprenditori agricoli, giacché per questi ultimi la validità dei buoni risulterebbe compresa in sette giorni. Sicché, accedendo alla prospettazione propugnata dal Ministero del Lavoro per il caso di violazioni in materia di lavoro intermittente, qualora l’illecito riguardi l’omessa comunicazione della prestazione accessoria nel settore agricolo, la sanzione dovrebbe essere applicata per ciascun lavoratore in relazione al quale, in un periodo massimo di sette giorni, è stata omessa la comunicazione.
Le conseguenza, cui conduce la stretta applicazione del principio di legalità, è che la sanzione per omessa comunicazione della prestazione accessoria risulterebbe assoggetta a un regime normativo differente, a seconda che la violazione venga commessa da imprenditori non agricoli e professionisti, ovvero da imprenditori agricoli. Trattasi, a sommesso avviso degli scriventi di un’incongruenza che richiede un correttivo prima dell’approvazione definitiva del decreto.
Altra questione, di valenza primaria e che desta dubbi, è se la sanzione prevista dalla modifica abbia una connotazione speciale, rispetto a quella prevista per l’impiego di manodopera in nero. In altre parole, e senza ribadire concetti che sono stati più volte espressi in punto di applicazione della maxisanzione per lavoro accessorio non preventivamente comunicato, ci si chiede se la nuova sanzione prenda il posto della sanzione per lavoro nero, ovvero presupponga, al pari del regime sanzionatorio stabilito per il lavoro intermittente, la conoscenza, da parte della P.A., del rapporto accessorio, ma non delle singole attivazioni dei voucher. Il testo della modifica si limita ad affermare che la sanzione compresa tra €. 400 ed €. 2.400 debba essere applicata qualora il committente ometta di comunicare preventivamente l’attivazione del voucher e nulla viene detto, invece, circa la canalizzazione di tale comunicazione all’interno di un pregresso flusso informativo già conosciuto dalla P.A. Sicché, ove si acceda a un’interpretazione strettamente letterale, si potrebbe sostenere che la sanzione di €. 800,00 debba essere applicata in luogo della maxisanzione e in misura corrispondente all’entità delle giornate per le quali è stata omessa la comunicazione del voucher.

La soppressione del limite economico per gli imprenditori agricoli

Da ultimo, ma non da ultimo, si evidenzia che per il settore agricolo viene tolto il limite economico massimo di utilizzazione dei buoni per anno civile e che per ciascun committente imprenditore risulta fissato in €. 2.000. L’esclusione viene motivata sull’assunto che l’utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale di €. 7.000 per lavoratore, anche ad ulteriori limiti: utilizzabilità nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado o in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università e per le attività agricole svolte a favore dei piccoli produttori agricoli). Sicché, a detta dei redattori della modifica, sarebbe apparso eccessivamente costringente confermare il limite economico in un settore che già risulta disciplinato in senso restrittivo.

Conclusioni

Sia consentita infine una breve chiosa. Il quadro che esce dall’intervento di modifica non è dei migliori e forse il decreto rischia di creare più problemi di quelli che vorrebbe a prima vista risolvere.
Vero è semmai che un effettivo contrasto al fenomeno di abuso dei voucher sottende una svolta radicale, che circoscriva in maniera rigorosa i settori e i soggetti fruitori dei buoni lavoro. In tale senso, allora, sarebbe auspicabile un ritorno al passato, dove i buoni erano ammessi solo per certe categorie di lavoratori e per limitati settori produttivi. In un mercato del lavoro caratterizzato ormai da una forte flessibilità sia in entrata sia in uscita e in cui la stessa fisionomia di impresa è mutata rispetto al modello tayloristico, si potrebbe pensare di circoscrivere i committenti unicamente nei soggetti privati, con esclusione delle realtà imprenditoriali tout court, fatta eccezione forse per il settore agricolo. Si tratterebbe di una scelta coraggiosa che, però, recherebbe con sé il fallimento di più di cinque anni di politiche sul sistema dei buoni lavoro. Ma la saggezza politica postula anche l’umiltà di riconoscere gli errori del passato, per poter costruire su essi un futuro migliore.
 

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza.
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.

 

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