Sistema di rilevazione delle presenze e provvedimenti ispettivi

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Sistema di rilevazione delle presenze e provvedimenti ispettivi

L’orario di lavoro: cenni generali

Il D.lgs. n. 66/2003 ha fissato i principi in materia di orario di lavoro, perentoriamente incardinati su un articolato sistema di limiti inerenti alla esigibilità della prestazione lavorativa. La fonte primaria tuttavia ha riconosciuto alla contrattazione collettiva la facoltà di derogare e/o integrare sotto molteplici aspetti (es. orario normale di lavoro; lavoro straordinario; riposo settimanale ecc.) la predetta disciplina. Sulla materia ha inciso anche il D.L. n. 138/11 conv. con mod. dall’art. 1 comma 1 della L. n. 148/11, che ha consentito ai contratti aziendali di prossimità, pur nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, di regolamentare la materia con previsioni difformi da quanto previsto dal D.lgs. n. 66 cit..
Premesso che i contratti di prossimità non sembra che abbiano avuto particolare riscontro applicativo, vero è semmai che tutti i contratti collettivi nazionali di categoria hanno dettato disposizioni che, in osservanza a precetti generali sull’orario normale di lavoro, sulla durata della prestazione lavorativa, sul lavoro straordinario, sul riposo, contengono anche regole analitiche sia per l’articolazione dell’orario settimanale, calcolato eventualmente in via periodale, sia sull’istituzione e sulla gestione della banca delle ore.
Attraverso la mediazione del contratto, i poteri datoriali sono stati procedimentalizzati, nel senso che il relativo esercizio è stato sottoposto al rispetto di regole e condizioni funzionali a realizzare un equo contemperamento tra la tutela del lavoratore e le esigenze produttive aziendali. In tale ottica, le previsioni pattizie dispongono che le imprese sono tenute a fissare l’orario di lavoro armonizzando le istanze del personale con le esigenze dell’azienda. Vero è anche che il cambiamento del sistema di produzione e della stessa fisionomia di impresa, richiederebbero un’evoluzione della contrattazione collettiva che come giustamente affermato di recente dal Ministro del lavoro Poletti, avesso come obiettivo il superamento dell’orario di lavoro quale unico criterio di misurazione della prestazione lavorativa.

Criteri di registrazione dell’orario di lavoro

Comunque, e tornando al regime normativo attuale, al fine di assicurare una trasparente gestione del personale, spesso è stato previsto l’obbligo per il datore di lavoro di esporre i turni di lavoro dei dipendenti in apposite schede cartacee o digitali accessibili e visibili a tutto il personale. Per l’adempimento dell’obbligo molte aziende, specie quelle di rilevanti dimensioni, si sono dotate di sistemi elettronici di rilevazione delle presenze, le cui informazioni vengono messe a disposizioni dei dipendenti in sezioni dedicate della intranet aziendale o in schede informatiche allocate in un server aziendale. In tale modo, il personale e gli organi apicali dell’azienda sono costantemente in grado di monitorare la durata della propria prestazione di lavoro e di verificare se la stessa risulti eseguita in conformità alle disposizioni di legge e di contratto e soprattutto se venga correttamente retribuita.
Ma non tutte le imprese prevedono nella propria organizzazione siffatti sistemi di rilevazione delle presenze e degli orari. Spesso la registrazione delle prestazioni di lavoro avviene in maniera informale o persino su segnalazione fiduciaria del personale incaricato. In tali ipotesi, non è affatto semplice eseguire, specie sul lungo periodo, un controllo retrospettivo volto a sindacare il rispetto della disciplina dell’orario di lavoro. A ciò non aiutano neppure le registrazioni delle presenze riportate nel Libro Unico del lavoro (LUL). Invero l’art. 39 comma 1 del D.lgs. n. 112/08, conv. in L. n. 133/08 impone alla parte datoriale di scritturare nel LUL il calendario delle presenze dei lavoratori e il numero delle ore di lavoro da costoro effettuate, ma non anche il termine di inizio e di fine dei turni di servizio di ciascun lavoratore. Sicché, anche il personale ispettivo, che dovesse svolgere un controllo vertente sull’osservanza dei limiti di durata della prestazione lavorativa, si troverebbe nella difficoltà di reperire materiale istruttorio, differente dalle ordinarie dichiarazioni dei lavoratori o del personale gravitante nell’azienda.

La giurisprudenza amministrativa

Assume allora significativa importanza l’indirizzo tracciato dalla giurisprudenza amministrativa, che ritiene legittimi i provvedimenti con cui gli ispettori del lavoro dispongono, ai datori di lavoro, di predisporre, nell’ambito dell’organizzazione aziendale, sistemi di rilevazione oggettiva delle presenze e degli orari di lavoro dei dipendenti (cfr. T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 28/03/2011, n. 830). Secondo il collegio meneghino tali provvedimenti conferirebbero maggior completezza alle informazioni raccolte nel LUL e quindi consentirebbero agli stessi ispettori del lavoro di svolgere, in materia di orario di lavoro, pause e riposi, verifiche più efficaci e penetranti. La giurisprudenza di legittimità ha condiviso l’orientamento con sentenza n. 2210 del 2015, la cui motivazione seppur assai stringata, implica, d’altra parte, il recepimento delle considerazioni espresse del giudice di prime cure (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 04/05/2015, n. 2210).

Il potere di disposizione degli ispettori del lavoro

La norma che conferisce al personale ispettivo siffatta potestà amministrativa è l’art. 14 del D.lgs. n. 124/04, che legittima e disciplina il provvedimento di disposizione. Mediante tale atto gli ispettori del lavoro invitano il datore di lavoro a tenere, nel caso di specie, condotte funzionali a garantire una migliore applicazione delle previsioni di legge e di contratto inerenti alla materia del lavoro e della legislazione sociale.
Il provvedimento di disposizione, sebbene esecutivo, non è munito dell’esecutorietà di cui all’art. 21 ter della L. n. 241/90 e s.m.i. e cioè della capacità dell’atto amministrativo di imporsi unilateralmente nella sfera giuridica dei terzi, anche con l’eventuale impiego di mezzi coattivi (es. espropriazione per pubblica utilità). Sicché, la parte datoriale che non ottemperi alle indicazioni date dal personale ispettivo può incorrere nell’irrogazione di sanzioni di natura pecuniaria, eventualmente sottoposte alla procedura di esecuzione forzata mediante iscrizione a ruolo.
È infine opportuno precisare che il personale ispettivo, mediante la disposizione, non può imporre l’installazione di uno specifico strumento di rilevazione delle presenze (es. badge), perché tale provvedimento significherebbe una vera e propria ingerenza nel merito delle scelte aziendali, che, come noto, sono appannaggio esclusivo del datore di lavoro. Ciò che, invece, gli ispettori posso richiedere è la predisposizione di sistemi che, sul piano generale, garantiscano una verifica oggettiva sui tempi di svolgimento delle prestazioni di lavoro, lasciando poi alla parte datoriale la scelta della misura più funzionale alla realizzazione dell’obiettivo. Ben si intende che qualora la parte datoriale decida di ottemperare all’atto ispettivo, optando per il montaggio di mezzi di natura digitale, questi ultimi potranno essere utilizzati per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, sempre che sia stata rispettata la previsione di cui all’art. 4 della L. n. 300/70, così come modificata recentemente dall’art. 23 comma 1 D.lgs. n. 151/15.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.

 

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