Decreto fiscale, incognita Ue

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E’ atteso l’esame dell’Unione europea sulle regole contenute nella legge di conversione del Dl 223/2006. I punti caldi - potenzialmente, cioè, a rischio di censura - s’annunciano più d’uno:

. le misure sulla no tax area per i non residenti: l’articolo 36, comma 22, del Dl, alle lettere a) e b), modifica gli articoli 3 e 24 del Tuir sulla determinazione della base imponibile per i non residenti, prevedendo l’esclusione, limitatamente ai redditi prodotti in Italia, della deduzione per oneri, della deduzione per assicurare la progressività e di quella per i familiari a carico. Ma la negoziazione delle deduzioni personali ai non residenti è legittima nella misura in cui il reddito prodotto in Italia non costituisca la totalità o quasi del reddito complessivo del contribuente, o, comunque, lo Stato estero non sia in condizione di tener conto della situazione personale del contribuente, in quanto, ad esempio, il reddito di fonte estera non è tassato nello Stato di residenza. La normativa nazionale avrebbe dovuto, perciò, limitare le esclusioni delle deduzioni ai casi in cui il reddito prodotto in Italia non fosse prevalente rispetto al reddito complessivo del contribuente;

. le misure sulla tassazione dei proventi da paradisi fiscali: l’articolo 47, comma 4, del Testo unico ha subito la modifica introdotta con l’articolo 36, comma 3, del Dl 223/2006, disponendo, ora, che gli utili “provenienti” da società residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata concorrono integralmente alla formazione dell’imponibile, anziché nella misura ridotta del 40 per cento. Anche l’articolo 89, comma 3, del Testo unico è stata modificato, per disporre che pure i soggetti Ires che percepiscono utili “provenienti” da società in Stati o territori a fiscalità privilegiata concorrono integralmente alla formazione del reddito e non solo nella misura del 5 per cento. La norma intende tassare integralmente gli utili distribuiti direttamente da società residenti in paradisi fiscali ma anche quelli percepiti indirettamente, tramite sub-holding residenti in Stati a fiscalità ordinaria. La sua genericità colpisce anche i piccoli risparmiatori, che certo non sono a conoscenza della circostanza che la società estera di cui detengono qualche azione abbia o meno percepito dividendi provenienti da un paradiso fiscale. Proprio l’ampiezza del campo d’applicazione della norma antielusiva rischia di renderla non conforme alla direttiva “madre e figlie”, quando la società che distribuisce il dividendo abbia i requisiti per essere considerata “figlia” comunitaria;

. alcune tra le misure sull’Iva: il comma 3 dell’articolo 54 del Dpr 633/72, come modificato dall’articolo 35, comma 2, del Dl 223, consente agli uffici di rettificare la denuncia Iva quando il corrispettivo dichiarato per la cessione di beni immobili e relative pertinenze è inferiore al “valore normale” del bene. Ne deriva che un corrispettivo dichiarato inferiore al valore normale venga considerato come una prova “certa e diretta”, non “presuntiva”, di infedeltà della dichiarazione. Ma, come emerge da una copiosa giurisprudenza della Corte di Giustizia, “conformemente alla regola generale fissata all’articolo 11, parte A, n. 1, lettera a), della sesta direttiva, la base imponibile nella cessione di un bene o nella prestazione di un servizio, effettuata a titolo oneroso, è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto dal soggetto passivo. Il corrispettivo costituisce dunque il valore soggettivo, vale a dire realmente ricevuto, e non un valore stimato secondo criteri oggettivi...”. Pertanto, è possibile che l’introduzione del criterio del valore normale sulle cessioni di immobili sia passibile di contestazioni in sede comunitaria.

Tra le procedure di infrazione già avviate dalla Commissione Ue nei confronti dell’Italia, spicca proprio l’elevato numero di quelle tributarie. Deve far riflettere che nel nostro Paese le violazioni del diritto comunitario riscontrabili nelle norme tributarie come nella prassi amministrativa o nella giurisprudenza siano raramente portate all’attenzione delle istituzioni comunitarie: l’Italia è uno tra gli Stati a vantare il minor numero di rinvii pregiudiziali in materia tributaria da parte di organi giurisdizionali nazionali alla Corte di Giustizia, per questioni di interpretazione e, quindi, per possibili violazioni del diritto Ue.  

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