Abuso del diritto sempre più a tutela dell'Erario

Pubblicato il 05 ottobre 2009

Con la teoria dell’abuso del diritto, la giurisprudenza ha inteso colmare la carenza, nell’ordinamento italiano, di una norma antielusiva generale. La strumentalizzazione degli istituti giuridici per conseguire indebiti risparmi d’imposta stravolge lo scopo dei principi fondamentali dell’ordinamento, così l’abuso del diritto – quale principio generale antielusivo riconosciuto anche in recenti pronunce di Cassazione (numeri 30055, 30056, 30057 del dicembre 2008 e numero 15029 del giugno 2009) - è utilizzabile per l’intero ordinamento. Fino, però, ad essere divenuto una panacea per legittimare ogni pretesa del Fisco. La sua latitudine coinvolgerebbe i tributi “ammortizzati” - quali l’Iva, le accise e i diritti doganali - e i tributi “non ammortizzati” - quali le imposte dirette - al di fuori delle ipotesi espressamente disciplinate dall’articolo 37-bis del dpr 600/73. Che prevede la necessità di instaurare, a pena di nullità, un preventivo contraddittorio tra l’ufficio e il contribuente, potendosi emanare l’atto impositivo (debitamente motivato) solo in seguito. Ma le recenti pronunce di Cassazione sanciscono che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, l’elusività dell’operazione anche se l’illecito fiscale non è stato contestato nell’originario atto di accertamento.

La lotta all’elusione fiscale, e quindi all’abuso di diritto, deve, però, trovare un compromesso tra la tutela degli interessi erariali e la libertà d’iniziativa economica, peraltro disciplinata dall’articolo 41 della nostra Costituzione.

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