Antiriciclaggio, i compiti dei legali

Pubblicato il 18 maggio 2009
Le Raccomandazioni del Gafi (Gruppo di azione finanziaria), dopo gli attentati del 2001, hanno fissato gli standard minimi cui ogni paese dovrebbe adeguarsi ai fini della prevenzione e del contrasto del fenomeno del riciclaggio. L'esistenza, poi, di free zones, paesi cioè che non si adeguano a questi standard, ha garantito privilegi commerciali ad imprese estere che hanno investito in tali luoghi. Le compravendite immobiliari, in particolare, sono tra le attività più soggette a rischio di riciclaggio, rischio che aumenta nell'area delle free zone dove è più facile il trasferimento di capitali di provenienza illecita. Proprio per questa ragione, la normativa antiriciclaggio 231/07 ha imposto alle imprese italiane un'adeguata verifica della clientela attraverso un approccio basato sul rischio che dietro l'operazione vi sia un riciclaggio. Occorre, quindi, accertare che nel database della propria clientela non siano presenti nominativi inseriti nelle black list individuate dalle norme per la lotta al finanziamento del terrorismo. Il legislatore, spiega l'avvocato Fabio Brembati, partner dello studio Baker&McKenzie, “ha voluto responsabilizzare tutti i professionisti che assistono le società, assegnando loro un ruolo di controllo della legalità che possa far emergere tutte le irregolarità che possono “falsare” e danneggiare l'economia italiana”.
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