Attrezzature di lavoro non sicure vendibili per fine riparatorio

Pubblicato il 22 dicembre 2017

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha risposto all’interpello in materia di sicurezza n. 1 del 13 dicembre 2017, occupandosi di una questione posta dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia in merito alla possibilità di vendita di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, nel caso in cui nel disposto contrattuale di vendita, noleggio o concessione sia prevista, da parte dell'acquirente, la messa a norma delle stesse prima del loro utilizzo.

La Regione ha chiesto, inoltre, se l'esposizione ai fini della vendita, noleggio o concessione in uso delle attrezzature, dei dispositivi e degli impianti suddetti, in spazi commerciali, compresi spazi all'aperto e fiere, costituisca violazione di legge.

La Commissione interpelli in materia di sicurezza, con la risposta n. 1/2017, dopo aver analizzato le disposizioni di legge applicabili al caso di specie (artt. 23 e 72, D.Lgs. n. 81/2008) e la sentenza della Corte di Cassazione penale, sez. III, n. 40590, del 3 maggio 2013 – la quale ha affermato che il divieto posto dall’articolo 23 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza può subire un qualche temperamento in chiave derogatoria laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma – ha ritenuto che la circolazione di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale ovvero di impianti non conformi, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio ovvero riparatorio per la messa a norma, così come la mera esposizione al pubblico, non ricadono nell’ambito di applicazione delle citate disposizioni normative, in considerazione della relativa ratio legis.

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