Cessioni intraUe, paletti alla non imponibilità

Pubblicato il 25 aprile 2009 La Sezione tributaria della Corte di cassazione, con sentenza n. 3603/2009, ha accolto il ricorso dell’agenzia delle Entrate su una controversia in tema di non imponibilità Iva derivante da cessioni intracomunitarie, chiarendo la portata delle disposizioni contenute all’articolo 50, commi 1 e 2 del Dl n. 331/93. I giudici di merito hanno sancito che per accedere al regime di non imponibilità, non basta che i cedenti nazionali indichino in fattura e nel documento di trasporto il numero identificativo che il cessionario detiene nello Stato membro. Occorre, che il cedente – soggetto attivo dello scambio – dia impulso ad una procedura di verifica che comporta la richiesta, agli uffici finanziari, della conferma della validità attuale di tale numero di identificazione. Nel caso in cui la società ha omesso la verifica, richiesta dal citato art. 50, l’operato dell’Ufficio che recupera l’Iva evasa è legittimo, in quanto lo scambio intracomunitario è “inesistente”. In caso di contestazione dell’operazione, infatti, è onere del cedente dimostrare che lo scambio intracomunitario è avvenuto, attraverso prove fornite con ogni mezzo, purchè abbiano carattere di certezza e incontrovertibilità.
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