Donne come risorse, l’analisi dei CdL

Pubblicato il 03 novembre 2020

Con comunicato stampa del 31 ottobre 2020, il CNO dei Consulenti del Lavoro evidenzia come sono le donne le più penalizzate dalla pandemia.

Dal focusRipartire dalla risorsa donna” emerge che la maggiore contrazione di lavoro femminile si registra nell’occupazione a termine, nel lavoro autonomo, nelle forme in part-time e nel settore dei servizi, soprattutto ricettivi e ristorativi dove le donne rappresentano il 50,6% del totale e di assistenza domestica dove le donne sono l’88,1%.

Il comunicato sottolinea come l’impatto nei primi sei mesi dell’anno suoni già quale forte campanello d’allarme per l’occupazione femminile alla luce della nuova ondata di contagi e delle chiusure territoriali predisposte per contenere l’emergenza, che potrebbero portare molte altre donne ad abbandonare il proprio lavoro.

L’esperienza vissuta dalle donne durante il lockdown primaverile le ha viste gestire un sovraccarico di lavoro senza precedenti in quanto da un lato, sono state più impegnate degli uomini nell’attività lavorativa, dovendo garantire servizi essenziali in settori a forte vocazione femminile (scuola, sanità, pubblica amministrazione) mentre dall’altro lato, con la chiusura delle scuole, hanno dovuto garantire la presenza al lavoro e al tempo stesso assistere i figli impegnati nella didattica a distanza.

Il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, ha sostento che le donne apportano un contributo rilevante all’occupazione in termini di qualificazione e competenza, che non può disperdersi ulteriormente, per cui per lo stesso è necessario attuare un mix di politiche – dal potenziamento dell’offerta e dell’accessibilità dei servizi che favoriscono la conciliazione vita-lavoro a percorsi formativi spendibili nel mercato del lavoro – che sostengano concretamente l’occupabilità delle donne, arginando il rischio che molte di loro possono chiamarsi fuori dal circuito lavorativo.

Il comunicato si conclude con la constatazione della necessità di rivedere il ricorso allo smart working in questa seconda fase critica della pandemia.

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