Fisco, il rimborso spese spiazza la logica

Pubblicato il 21 maggio 2006

La presa di posizione dell’agenzia delle Entrate sui rimborsi spese per le trasferte dei professionisti sta alimentando forti curiosità trascinando nel dibattito studi e imprese. La posizione dell’Agenzia è che le spese per lo svolgimento dell’incarico professionale devono considerarsi come compenso in natura, anche se sono state direttamente sostenute dal committente. In attesa che tale conclusione venga formalizzata in una circolare, si deve precisare che essa era tutto sommato prevedibile, dato il precedente della risoluzione 69/E del 2003, che era peraltro sfuggito all’attenzione dei contribuenti e dei loro consulenti. La risoluzione n. 69/E afferma, esplicitamente, che i compensi per lavoro autonomo sono commutati al netto solo dei contributi previdenziali e assistenziali. Pertanto, nella nozione di compenso si devono ricondurre anche i rimborsi di spese inerenti alla produzione del reddito di lavoro autonomo, comprese quelle per viaggio, vitto e alloggio sostenute e documentate. A tal proposito, però, riaffiora anche la posizione dell’Adc – Associazione dottori commercialisti - sul caso dei rimborsi spese, che deve ancora essere ritenuta valida. L’Associazione, nella norma di comportamento e di comune interpretazione n. 88 del 1986, aveva osservato che il credito del professionista si distingue tra quello per il compenso e quello per le spese, e che l’attuale articolo 54 del Tuir afferma che la determinazione del reddito di lavoro autonomo vede come unico elemento positivo il “compenso”.

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