Giusta causa e proporzionalità della sanzione non automatici. Giudice di merito demandato al giudizio di fatto

Pubblicato il 03 novembre 2011 Il Legislatore, per adeguare le norme alla realtà da disciplinare, che è articolata e che muta nel tempo, configura la “giusta causa di licenziamento” e la “proporzionalità tra infrazione e sanzione disciplinare” con disposizioni ascrivibili alla tipologia delle “clausole generali”, di contenuto limitato e delineanti un modulo del tutto generico, che, perciò, richiede di essere specificato in sede interpretativa, valorizzando tanto i fattori esterni riconducibili alla coscienza generale, quanto i principi che la disposizione stessa richiama.
 
Le necessarie specificazioni del parametro normativo di cui sopra si parla, hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è, quindi, deducibile in sede di legittimità come violazione di legge.

Questo principio, espresso dalla Corte di Cassazione - sentenza n. 22129, del 25 ottobre 2011 – suggerisce che il licenziamento per giusta causa debba sempre essere corroborato da un ragionamento sulla proporzionalità tra infrazione e sanzione che giustifichi la graduazione della pena. Non è sufficiente il mero richiamo - ad opera del giudice di merito, che è demandato ad un giudizio di fatto - alla sussistenza di una trasgressione al codice disciplinare. 

Trionfa il cassiere di un supermercato, licenziato per aver accreditato sulla propria fidelity card i punti della spesa accumulati dai clienti del grande magazzino.
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