La chiamata di correo non fonda la condanna

Pubblicato il 12 gennaio 2009

Con una sentenza del 22 dicembre scorso, la n. 47488, la Corte di cassazione ha precisato che, in un processo penale, le dichiarazioni provenienti dai chiamanti in correità o in reità, non possono, di per sé, costituire prova piena della responsabilità dell'imputato. Queste, in realtà, assumono valore di prova solo in presenza di riscontri esterni, elementi o dati probatori, cioè, di qualsiasi natura, che siano indipendenti dalla chiamata provenendo da fonti estranee alla stessa. Tali riscontri – continuano i giudici di legittimità – devono comunque avere valenza “individualizzante” e riguardare, cioè, non solo il fatto costituente reato ma anche la riferibilità dello stesso alla posizione dell'imputato.

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