Per il fallito libertà di espatrio

Pubblicato il 15 settembre 2006

Il Tar di Bologna – sentenza numero 1730 del primo settembre - dispone l’applicazione di una tra le più tipiche regole della riforma della legge fallimentare, ovvero quella sulla libertà di circolazione dell’imprenditore o degli amministratori delle società fallite. Il nuovo articolo 49 (in vigore dal 16 gennaio 2006, all’indomani della pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale” del decreto legislativo 5/2006) fa decadere le pesanti restrizioni personali, mantenendo il solo obbligo – garantito dalla sanzione penale da un minimo di sei a un massimo di diciotto mesi - di comunicare al curatore il cambiamento di residenza e assicurare la presenza davanti al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori per fornire spiegazioni sulla procedura in corso. Sparisce, perciò, il divieto di espatrio dell’imprenditore fallito, contenuto nella versione precedente della legge, che comportava il ritiro del passaporto e l’apposizione su carta d’identità dell’annotazione: “Documento non valido per l’espatrio”.

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