Abogados come avvocati, l'ok della Corte di giustizia

Pubblicato il 18 luglio 2014 Non può costituire una pratica abusiva il fatto che il cittadino di uno Stato membro si rechi in un altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale di avvocato a seguito del superamento di esami universitari e faccia ritorno nello Stato membro di cui è cittadino per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica professionale è stata acquisita.

E' questa la corretta interpretazione dell'articolo 3 della direttiva n. 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica.

Risposta alle questioni pregiudiziali sollevate dal Cnf

L'importante assunto è stato reso dalla Corte di giustizia europea con sentenza del 17 luglio 2014, pronunciata con riferimento alle cause riunite n. C-58/13 e C-59/13 ed aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale avanzate dal Consiglio Nazionale Forense italiano.

Secondo la Corte europea, infatti, una domanda di iscrizione all'albo degli avvocati stabiliti, presentata ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 98/5, non sarebbe tale da consentire di eludere l'applicazione della legislazione dello Stato membro ospitante relativa all'accesso alla professione di avvocato.

Anche l'avvocato generale della Corte di giustizia Ue, nelle argomentazioni dallo stesso presentate alla Corte, aveva concluso per la legittimità della pratica degli “abogados”.
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