Accertamento, il risultato dello studio di settore non può essere disatteso

Pubblicato il 10 gennaio 2011 Nel mettere a segno un accertamento di tipo induttivo, l’Amministrazione finanziaria non può disattendere gli esiti degli studi di settore, specie se sono positivi per il contribuente. Questa la conclusione cui giunge la sentenza n. 480/01/10, della Ctp di Roma.

Nel caso di specie, l’ufficio, pur non avendo riscontrato alcuna irregolarità (formale o sostanziale) nella tenuta della contabilità, aveva avviato un accertamento per maggiori imposte dirette e indirette, sulla base di una ricostruzione induttiva del reddito che era stata eseguita applicando i coefficienti di ricarico. L’azienda ha proposto ricorso muovendo dall’erroneità con cui era stato ricostruito il reddito, dato che non si era tenuto in nessun conto lo studio di settore approvato e applicabile all’attività esercitata. Il Fisco, dal canto suo, aveva rivendicato la libertà di scegliere quale metodo di calcolo usare, sulla base delle specifiche caratteristiche dell’attività svolta dal contribuente accertato.

La Commissione tributaria romana ha ribadito due concetti base:

- la regolare tenuta della contabilità non può ostacolare un accertamento di tipo induttivo;

- nel caso esistano studi di settore si devono considerare gli esiti di questi e non basare la verifica su tecniche di ricostruzione del reddito che potrebbero risultare molto meno precise. Lo studio di settore risulta oggettivamente molto più affidabile in quanto si fonda su calcoli statistici e, dunque, è in grado di stimare con maggiore ragionevolezza l’andamento dei ricavi di riferimento per ciascuna attività commerciale. Dunque, è illegittimo che l’ufficio ne disattenda gli esiti per basare la sua attività di controllo su una tecnica molto meno puntuale (qual è quella dei coefficenti di ricarico).
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