Accertamento in sanatoria e annullamento d’ufficio

Pubblicato il 15 dicembre 2017

Accertamento di “doppia conformità”

L’accertamento di cui all’art. 36 del Dpr n. 380/2001, è subordinato alla verifica della c.d. doppia conformità delle opere oggetto di sanatoria, ossia alla verifica di conformità rispetto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della esecuzione delle opere, sia al momento della presentazione della domanda di accertamento in sanatoria.

Permesso in sanatoria con prescrizioni, smentisce la normativa

Il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa, poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria).

Sono questi i principi espressi dal Tar per la Sardegna, Sezione seconda, respingendo il ricorso di una società cooperativa, avverso il provvedimento con cui il Comune aveva annullato d’ufficio la concessione edilizia precedentemente rilasciatale, a seguito di accertamento di conformità ex art. 36 del Dpr n. 380/2001 (sul presupposto dell’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica).

Sì all’annullamento d’ufficio

Nel caso de quo, puntualizzano i giudici amministrativi, la concessione in sanatoria si pone in contrasto con il paradigma normativo sopra delineato, posto che è stata rilasciata a condizione che fossero eseguite ulteriori opere. Legittimo risulta, pertanto, l’annullamento d’ufficio disposto dall’amministrazione comunale.

Invalidità dichiarata dal giudice ordinario. Ridotto l’obbligo di motivare l’annullamento

Altra questione affrontata nella sentenza n. 746 del primo dicembre 2017, riguarda la presunta carenza della motivazione nel provvedimento d’annullamento – come addotto dalla ricorrente – in ordine alle ragioni di interesse pubblico (ulteriori al mero ripristino della legalità) ed alla prevalenza di queste sull’interesse della cooperativa alla conservazione del provvedimento annullato.

Orbene, chiarisce sul punto il Tribunale amministrativo, quando l’invalidità dell’atto - come nel caso di specie – sia stata dichiarata in una sentenza del giudice ordinario passata in giudicato, ciò determina, quantomeno, la “dequotazione” dell’obbligo di motivare sulla sussistenza di un interesse pubblico specifico e concreto all’annullamento. In queste ipotesi, dunque, l’amministrazione non deve argomentare in maniera diffusa sulla sussistenza di un interesse pubblico a procedere all’autoannullamento, dovendo, anzi, provvedere (sempre) ad annullare gli atti dichiarati illegittimi dal g.o., a meno che non emerga un interesse pubblico specifico e concreto a non provvedervi.

 

 

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