Accertamento. La sanzione Antitrust è un costo deducibile dal reddito d’impresa

Pubblicato il 21 marzo 2011 Il caso di una società verso cui il Fisco ha emanato un avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito imponibile, contestando una maggiore imposta sul reddito d’impresa, a causa di oneri straordinari scaturenti da una sanzione comminata dall’Autorità Antitrust è l’oggetto della sentenza 78/03/11, della Ctp di Milano.

I suddetti costi erano stati contestati dagli uffici accertatori perché indebitamente dedotti dal reddito. L’Amministrazione finanziaria aveva basato il suo ricorso sul principio espresso nella risoluzione n. 89/01, secondo cui la sanzione Antitrust – avendo una funzione repressiva e preventiva – non può essere considerata un costo deducibile.

Successivamente, anche altre pronunce agenziali e dottrinali hanno ribadito che non esiste alcun rapporto funzionale tra il costo imputabile a sanzione e i ricavi ottenuti a seguito di comportamenti illeciti.

Nonostante ciò, il contribuente propone ricorso per chiedere l’annullamento dell’atto di accertamento, poiché a suo giudizio la sanzione in questione è da considerarsi a tutti gli effetti una componente negativa di reddito.

L’analisi condotta dalla Ctp milanese porta a dar ragione al contribuente: l’avviso di accertamento viene annullato e la sanzione applicata dall’Antitrust viene considerata un costo deducibile. La motivazione di tale conclusione è da ricondurre al nesso consequenziale che c’è tra il comportamento anticoncorrenziale e la sanzione comminata. Il comportamento illecito ha sicuramente prodotto maggiori ricavi imponibili, da cui ne è scaturito un maggior reddito e, di conseguenza, un maggiore gettito fiscale. Dunque, la sanzione antitrust rappresenta un costo che è direttamente correlato al maggiore ricavo ottenuto, per cui è da considerarsi deducibile ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del Tuir.
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