Accordo di ristrutturazione con verifica di realizzabilità

Pubblicato il 20 giugno 2020

Confermata, dalla Cassazione, la declaratoria di fallimento di una Srl a seguito del rigetto della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti aziendali proposto dalla società.

Quest’ultima si era rivolta ai giudici di legittimità lamentando un erroneo giudizio di fattibilità del piano prospettato, asserendo che sia il tribunale sia la Corte di appello avevano censurato l’accordo di ristrutturazione in sé e per sé considerato, concluso con i creditori aderenti e rispetto al quale, peraltro, nessun creditore aveva avanzato opposizione.

Secondo la ricorrente, i giudici di merito avevano travalicato i loro poteri - asseritamente limitati allo scrutinio di completezza della documentazione allegata alla domanda - occupandosi delle valutazioni di fattibilità del piano che erano invece rimesse all’esclusivo apprezzamento dei creditori.

Omologa dell’accordo: dal giudice controllo formale e verifica di legalità sostanziale

Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Prima sezione civile della Cassazione nel testo della sentenza n. 11985 del 19 giugno 2020.

Gli Ermellini, in proposito, hanno ricordato il recente arresto giurisprudenziale con il quale è stato affermato: “in sede di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il sindacato del tribunale non è limitato ad un controllo formale della documentazione richiesta, ma comporta anche una verifica di legalità sostanziale, compresa quella circa l’effettiva esistenza, in termini di plausibilità e ragionevolezza, della garanzia del pagamento integrale dei creditori estranei all’accordo nei tempi previsti per legge” (Cass. civ. n. 12064/2019).

La Suprema corte ha ritenuto di non doversi discostare da tale pronuncia, affermando di condividerne la ratio decidendi.

Nella vicenda esaminata, la decisione impugnata si era allineata al principio di diritto in oggetto, in quanto l’esame dei giudici non aveva riguardato il solo profilo formale ed esterno della regolarità documentale - come invece avrebbe preteso la ricorrente - ma aveva scrutinato anche l'aspetto della realizzabilità dell’accordo secondo criteri di plausibilità e ragionevolezza.

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