Accordo liquidatorio su beni sottoposti ad esecuzione individuale

Pubblicato il 19 ottobre 2015

Particolare approfondimento merita il ricorso al contratto di affidamento fiduciario nel caso in cui la proposta di accordo ex L. n. 3/2012 preveda la liquidazione di beni già attinti da procedure esecutive individuali.

Per un corretto inquadramento del problema è bene, avanti a tutto, avere chiaro quale sia la sorte delle esecuzioni individuali già in corso nei confronti del debitore che acceda alla procedura di sovraindebitamento sulla scorta di una lettura completa delle norme di riferimento della L. n. 3/2012. 1. Dalla nomina dell’organismo di composizione della crisi, durante le trattative e l’elaborazione della proposta, dopo il deposito della stessa e fino al decreto (di ammissione) ex art. 10 L. cit., i procedimenti esecutivi restano in corso sebbene il Giudice dell’Esecuzione, su impulso del debitore e nell’esercizio dei suoi poteri di direzione ed ordinatori, in relazione alle modalità pratiche dell’esecuzione (art. 484 c.p.c.), possa “differire” le operazioni di vendita per un breve e ragionevole periodo, in attesa dell’esito del deposito della proposta di sovraindebitamento.

Dal decreto ex art. 10 e fino all’omologazione definitiva dell’accordo i vincoli pignoratizi e le relative procedure esecutive in corso non potranno, sotto pena di nullità, essere proseguite (restano, pertanto sospesi, come del resto anche le eventuali prescri- zioni e decadenze in corso)

Dall’omologazione dell’accordo e per tutta la durata della sua esecuzione questo è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all’art. 10, comma 2, L. cit.: quindi anche per quelli che hanno promosso o sono intervenuti nelle procedure esecutive. Le azioni esecutive in corso, di conseguenza, non potranno essere proseguite sebbene, secondo l’opinione preferibile, non dovranno essere dichiarate improcedibili ma resteranno sospese, fino alla definitiva vendita dei beni immobili pignorati. Quanto ai creditori con causa o titolo posteriore, questi non potranno procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.

Ciò premesso, passiamo a considerare la particolare disciplina dettata dall’art. 13, comma 1, L. cit. per il caso in cui l’accordo proposto contempli beni già attinti da azioni esecutive individuali.

La norma prevede che “il giudice, su proposta dell’organismo di composizione della crisi, nomini un liquidatore – il quale deve soddisfare i requisiti soggettivi richiesti dall’art. 28 per la nomina del curatore fallimentare - che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate”.

La disposizione prosegue affidando all’organismo di composizione della crisi un compito di vigilanza sull’esecuzione dell’accordo, affidando al Giudice la decisione su eventuali contestazioni (comma 2) e rimettendo a quest’ultimo l’autorizzazione per lo svincolo delle somme incassate, la cancellazione delle trascrizioni, iscrizioni e vincoli pregiudizievoli e l’eventuale sospensione degli atti di esecuzione dell’accordo (comma 3).

Prima della riforma del 2012 parte della dottrina riteneva che l’affidamento, ex art. 7 L. cit., di un processo liquidatorio ad un fiduciario (trustee o fiduciario in senso proprio), fosse precluso nel caso in cui i beni previsti nel piano fossero oggetto di esecuzioni individuali.

In particolare era stato evidenziato che l’art. 7, tra le possibili opzioni, stabiliva che il piano potesse prevedere anche l’affidamento del patrimonio del debitore “ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori” - da individuarsi in un professionista aventi i requisiti di cui all’art. 28 l.fall. e nominato direttamente dal Giudice - ma facendo espressamente salvo “quanto previsto dall’art. 13, comma 1”.

Orbene - secondo questo pensiero- sia la lettera della legge (che distingue tra fiduciario, all’art. 7, e liquidatore, all’art. 13), sia le diverse modalità di nomina delle due figure, sia il fatto che al liquidatore dei beni pignorati non spetta la custodia degli stessi (come invece prevede l’art. 7 nel caso di ricorso ad un fiduciario) escluderebbero il ricorso ad un fiduciario (nella possibile accezione di trustee o mandatario - fiduciario) nell’ipotesi di pendenza di procedure esecutive già in corso. La tesi non convince.

Il D.L. n. 179/2012 ha modificato l’art. 7 sostituendo alla figura del fiduciario quella ben più ampia (ed in un certo qual modo atecnica, da un punto di vista giuridico) di gestore avente sempre il compito di liquidazione, custodia e distribuzione del ricavato ai creditori. Ora, non è chi non veda come in tale ampia dizione rientri certamente il liquidatore di cui all’art. 13 costituendone al più - sotto il profilo delle funzioni - un minus rispetto alla più ampia definizione del gestore.

L’art. 521 c.p.c. escludendo che possa essere nominato custode il creditore, consente invece che, con il consenso di quest’ultimo, possa esserlo il debitore o suoi familiari. Di norma, poi, una volta che il Giudice dell’Esecuzione ha proceduto, all’affidamento dell’incarico al Professionista Delegato per la vendita, la custodia spetta a questi. Ciò premesso è di tutta evidenza che la permanenza della custodia in capo al debitore ovvero all’eventuale Professionista Delegato per la vendita, non preclude che l’incarico liquidatorio dei beni possa essere conferito, nell’ambito della procedura di sovraindebitamento , ad un  liquidatore con un contratto di affidamento fiduciario che contempli i compiti di cui all’art. 13 (liquidazione, appunto, dei beni e distribuzione delle somme incassate). Infine, il fatto che le modalità di nomina previste dagli artt. 7 e 13 siano apparentemente diverse (nomina del Giudice nel primo caso e da parte, sempre di quest’ultimo, nel secondo caso, ma su proposta dell’organismo di composizione della crisi) non le rende incompatibili tra loro; anzi, per certi versi, nonostante la lettera della legge, sono coincidenti. Infatti nell’ipotesi, canonica, dell’art. 7, il ricorso ad un gestore “per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori” deve essere prevista nella proposta, redatta, appunto, “con l’ausilio” dell’organismo; e nel caso con- templato dall’art. 13 il liquidatore è nominato su proposta dell’organismo. Quindi, nell’uno e nell’altro caso, il potere di impulso è rimesso a tale organo.

Del resto, nell’uno e nell’altro caso, il gestore - che deve soddisfare gli stessi requisiti soggettivi richiesti per il curatore fallimentare - poiché la sua indicazione e scelta promana dal ricorrente alla procedura, abbisogna di un inquadramento contrattuale, sia sotto il profilo dell’incarico professionale che della definizione specifica dei suoi compiti, quali previsti nella proposta di accordo. È, inoltre, buona pratica che il testo dell’incarico contrattuale sia aderente a quanto approvato dai creditori ed omologato dal tribunale e, soprattutto, non venga ad essere in contrasto con le norme della procedura ex L. n. 3/2012.

Da ultimo, riprendendo - a questo punto - il discorso sulla sorte delle esecuzioni individuali in corso al momento dell’avvio della procedura di sovraindebitamento resta da chiedersi quale sarà il loro sviluppo quando il programma liquidatorio viene portato, progressivamente, a compimento.

Invero, il Giudice - man mano che i beni affidati al fiduciario verranno venduti a terzi - ordinerà la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di cui agli artt. 10, comma 1 e 12 bis, comma 3, e la cessazione di ogni altra forma di pubblicità.

Il fiduciario provvederà quindi ai pagamenti nei termini e nelle misure di cui al piano, fermo restando l’inefficacia di quelli eseguiti in violazione dell’accordo nei confronti dei creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui agli artt. 10, comma 2, e 12 bis, comma 3.

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