Agcm sul Cnf: condotta anticoncorrenziale perpetuata e reiterata

Pubblicato il 16 giugno 2015

Il fatto che il Consiglio nazionale forense non abbia revocato, con adeguata comunicazione agli iscritti, ma anzi continui a pubblicare sul proprio sito istituzionale, il parere n. 48/2012, rappresenta una violazione di quanto statuito nel provvedimento dell'Antitrust n. 25154 del 22 ottobre 2014 e perpetua la situazione anticoncorrenziale ivi accertata.

Inoltre, la riproposizione nell'articolo 35 del Codice deontologico forense di disposizioni già censurate nel citato provvedimento n. 25154, integra una violazione del divieto di reiterare comportamenti analoghi a quelli oggetto dell'infrazione accertata.

E' sulla base di questi assunti che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), con provvedimento n. 25487 del 27 maggio 2015, pubblicato nel Bollettino dell'Antitrust n. 21 del 15 giugno 2015, ha provveduto a contestare al Cnf la violazione di cui all'articolo 15, comma 2, della Legge n. 287/90 “per inottemperanza” al provvedimento dell'Autorità sopra citato.

Inottemperanza rispetto al precedente provvedimento Antitrust

Con quest'ultimo provvedimento era stato accertato che il Consiglio Nazionale Forense avesse posto in essere, in violazione dell'articolo 101 del TFUE, un'infrazione unica e continuata, restrittiva della concorrenza, consistente nell'adozione di due decisioni - tra cui il parere n. 48/2012 - limitative dell'autonomia e della concorrenza tra professionisti.

Nel citato parere del Cnf n. 48/2012, in particolare, era stata considerata, alla stregua di un accaparramento della clientela, l'attività svolta attraverso l'uso di piattaforme digitali per promuovere i servizi professionali.

E secondo l'Antitrust – si legge nel provvedimento del 15 giugno 2015 - le disposizioni contenute nell'articolo 35 del vigente Codice deontologico forense “ripropongono sostanzialmente quanto contenuto nel parere n. 48/2012, giungendo a ritenere, al pari del parere, deontologicamente scorretto – pertanto sanzionabile disciplinarmente – l'utilizzo di piattaforme digitali messe a disposizione degli avvocati da soggetti terzi per veicolare informazioni relative all'attività professionale, in tal modo “limitando l'utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale si veicola anche la convenienza economica della prestazione”.

A questo punto, gli interessati potranno far pervenire all'Autorità scritti difensivi e documenti e chiedere di essere sentiti entro il termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento. 

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