Aidc, non è automatica l'imposizione se l'amministratore rinuncia al TFM

Pubblicato il 08 febbraio 2018

La norma di comportamento Aidc n. 201 confuta quanto indicato dell'agenzia delle Entrate, con la risoluzione 124/2017, sul trattamento fiscale applicabile in caso di rinuncia al TFM (trattamento di fine mandato) da parte degli amministratori.

La posizione Aidc viene dalla lettura dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del Tuir, per cui il presupposto impositivo in capo all'amministratore, anche con riguardo al Tfm, è individuato nell'effettiva percezione.

Principio di cassa per l'esistenza del reddito

L'imposizione è al momento della percezione.

L'Aidc ritiene che dalla mera remissione della posizione debitoria non può conseguire, di per sé e automaticamente, la presunzione di incasso degli importi rinunciati, che si determina solo se si realizza un incremento patrimoniale o reddituale oggettivamente riconoscibile e fiscalmente riconosciuto.

Dunque, la rinuncia al credito per Tfm da parte dell'amministratore/socio non comporta alcuna automatica tassazione in capo allo stesso, in assenza di un concreto arricchimento patrimoniale o reddituale oggettivamente riconoscibile e fiscalmente riconosciuto (si legge nel documento), cioè in assenza di percezione monetaria o di percezione indiretta sotto forma di qualsiasi altro beneficio (“presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6”, art. 1 del TUIR).

Neanche la mancata tassazione in capo all'amministratore socio produce salto d'imposta

L'Aidc spiega che non sussiste, nell'ipotesi, alcun salto d'imposta, anche se la società ha dedotto le quote accantonate e poi le ha rimesse:

 

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