Tar Lazio. Airbnb deve riscuotere la cedolare secca sugli affitti brevi

Pubblicato il 19 febbraio 2019

Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 2207/2019, si è pronunciato sulla cosiddetta tassa Airbnb, ossia la cedolare secca del 21% sugli affitti brevi, che molti locatori pensavano di poter evitare ricorrendo appunto alla nota piattaforma online per le locazioni brevi.

Secondo il Tribunale regionale gli attori della sharing economy non possono essere sottratti alla funzione di sostituti di imposta. È giusto, quindi, che anche la piattaforma online, in base a quanto disposto dal Dl n. 50/2017, assolva la veste di sostituto d’imposta raccogliendo l’imposta sugli affitti brevi dovuta dai proprietari di casa e trasmettendo i relativi dati all’Agenzia delle Entrate.

Il portale online, nella battaglia che si è combattuta nelle aule giudiziarie, si era rifiutato di assumere il ruolo di “esattore” per lo Stato italiano, adducendo come motivazione, tra le altre, anche il fatto che i nuovi obblighi creano effetti distorsivi della concorrenza tra agenzie immobiliari con qualche decina di clienti e una piattaforma tecnologica con oltre 200 mila utenti.

Infatti il compito della piattaforma online, oltre al versamento dell’imposta sostitutiva, era anche quello di incrociare i nomi dei locatari e i relativi redditi per poi comunicarli al Fisco, per dare la caccia ai possibili evasori, affrontando al contempo tutti i problemi legati alla gestione dei dati e della privacy.

Il Tar si è pronunciato: Airbnb deve riscuotere le imposte

Con la sentenza n. 2207/2019, il Tar del Lazio, respingendo il ricorso della piattaforma contro le Entrate, ha ora sancito che non c'è nessuna “disparità di trattamento” o “discriminazione” nei confronti di Airbnb e né una limitazione alla libertà di concorrenza.

Quindi, non vi è né il pericolo di generare un effetto distorsivo a favore degli intermediari che non intervengono nel pagamento delle provvigioni, né tanto meno l’adempimento va contro il principio di tutela della concorrenza, perché “laddove i soggetti non residenti e non stabiliti che operano come intermediari fossero stati sottratti al regime imposto invece ai soggetti residenti, ciò si sarebbe tramutato in un illegittimo vantaggio competitivo”.

Infine, la piattaforma non può addurre come motivo di diniego il fatto che sia costretta (come un sostituto di imposta) ad adempimenti che non gli possono spettare, visto che il portale già svolge, sia in Italia (per conto di alcuni comuni) sia all'estero, attività simili a quelle che vengono contestate.

La reazione della Piattaforma online non si è fatta attendere: si dicono pronti all’immediato ricorso presso il Consiglio di Stato, con eventuale interessamento anche della Corte di Giustizia Europea.

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