Alla Corte Ue l’ultima parola sulla mancata registrazione delle operazioni di reverse charge

Pubblicato il 08 novembre 2013 L’onere di decidere se gli errori di registrazione in tema di reverse charge siano di natura formale o sostanziale e siano, dunque, tali da far perdere all’imprenditore, che ha omesso l’annotazione degli acquisiti intracomunitari sugli elenchi riepilogativi, i benefici fiscali Iva è stato rimandato alla Corte di giustizia Ue.

La Corte di Cassazione, infatti, con l’ordinanza n. 25035 del 7 novembre 2013, ha richiesto l’intervento della Corte europea per la risoluzione della questione pregiudiziale.

Già, in passato, la Corte Ue aveva considerato incompatibile con l’articolo 90 del Trattato Ue la previsione della norma italiana (Art. 70, Dpr 633/72), che contempla una sanzione più severa per le infrazioni relative all’Iva all’importazione rispetto a quelle riguardanti l’Iva sulle cessioni di beni all’interno del Paese.

Ora, si chiede di sapere se tale principio è valido anche nel caso di totale inosservanza degli obblighi di annotazione relativi agli acquisti intraUe, anche se - come si legge nelle motivazioni – “non vi sono dubbi circa la posizione del contribuente tenuto al pagamento dell'imposta e del suo diritto alla detrazione”.

Le richieste mosse dalla Cassazione ai giudici europei sono ben precise: da una parte, si vuole sapere se in caso di inosservanza totale degli obblighi di registrazione in materia di acquisti intraUe si possano legittimamente applicare sia le sanzioni per l’inadempimento della formalità che la negazione del diritto alla detrazione; dall’altro, se l’espressione "obblighi sostanziali" faccia riferimento alla necessità di pagamento del tributo oppure all’assunzione del debito d’imposta.
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