Amministratore di fatto condannabile per bancarotta

Pubblicato il 04 novembre 2017

La Corte di Cassazione, Sezione penale, con sentenza n. 49014 del 25 ottobre 2017, condanna l'abitudine di nominare come legale rappresentante delle società un soggetto che agisce semplicemente quale interposto del vero amministratore e che risulti privo di cariche formali, così da poter sfuggire alle proprie responsabilità penali e civili in caso di fallimento della società.

Una volta appurato che, nel caso di specie, oltre alle risultanze testimoniali, la carica di amministratore, di fatto, appariva inconfutabile alla luce dell'effettiva gestione amministrativa svolta dallo stesso soggetto, che risultava evidentemente impegnato in molteplici mansioni, con potere di firma sui conti correnti e piena discrezionalità nell'assunzione dei dipendenti, oltre a essere unico riferimento nelle operazioni di acquisto e di vendita di beni sociali, la Suprema Corte decide che: anche l'amministratore di fatto risponde del reato di bancarotta semplice (articolo 217 l.f.) se non provvede, direttamente o per il tramite del legale rappresentante formale della società, a richiedere la dichiarazione di fallimento quando ne ricorrano i presupposti.

Inoltre, spiega la sentenza, l'amministratore di fatto risponde del reato di bancarotta impropria, cioè relativa alle società, al pari dell'amministratore di diritto in relazione alle ipotesi previste dall'articolo 216 l.f., secondo cui non è necessario che la condotta abbia cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto.

Non è vero, infatti, che l'amministratore di fatto nulla può in relazione alla istanza di fallimento in proprio, in quanto – secondo la Corte - avrebbe potuto indicare all'amministratore formale la presentazione della stessa, o addirittura avrebbe potuto presentare di persona l'istanza di fallimneto, indicando la propria qualifica di dominus della società.

Infatti si legge nella sentenza n. 49014/2017 che “il soggetto che assume, in base alla disciplina dettata dall'art. 2639 c.c., la qualifica di amministratore «di fatto» di una società è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore «di diritto», per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, è penalmente responsabile per tutti i comportamenti a quest'ultimo addebitabili, essendo egli stesso tenuto, in caso di inerzia dell'amministratore di diritto, a impedire le condotte vietate riguardanti l'amministrazione della società ovvero a pretendere l'esecuzione degli adempimenti imposti dalla legge”.

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