Ammortizzatori sociali e tutele contro il caldo estremo: operativo il Protocollo

Pubblicato il 23 luglio 2025

Il l Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato nella sezione Pubblicità legale del proprio sito web istituzionale il decreto n. 95 del 9 luglio 2025 di recepimento del Protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legati alle emergenze climatiche, firmato il 2 luglio 2025.

Come dichiarato dal Ministro Marina Calderone, il protocollo, condiviso con le parti sociali, “ha l’obiettivo di scongiurare infortuni e malattie professionali connessi al clima estremo”, assicurando continuità produttiva ma in condizioni salubri e sicure.

Si tratta del primo protocollo nazionale sottoscritto dopo l'emergenza Covid-19 e costituisce una risposta congiunta e strutturata alle minacce poste dagli eventi climatici estremi.

Come si legge nel comunicato ministeriale del 2 luglio 2025, si proseguirà con la raccolta delle adesioni da parte di tutte le parti sociali interessate e successivamente il testo del Protocollo sarà recepito attraverso apposito decreto ministeriale.

Finalità e ambito di applicazione

Il cambiamento climatico non è più una minaccia astratta, ma una realtà tangibile che sta compromettendo seriamente la sostenibilità ambientale ed economica a livello globale. A farne le spese, oltre all’equilibrio degli ecosistemi, sono anche le condizioni in cui milioni di lavoratrici e lavoratori svolgono quotidianamente le proprie attività. L’aumento delle temperature, l’intensificarsi degli eventi metereologici estremi e la crescente instabilità climatica espongono chi lavora, soprattutto nei contesti più vulnerabili, a nuovi e gravi rischi per la salute e la sicurezza.

In questo scenario, emerge con forza la necessità di un intervento organico, coordinato e lungimirante. È proprio questa la finalità del nuovo Protocollo quadro per le emergenze climatiche, che intende offrire un riferimento comune per l’adozione di misure efficaci a tutela di chi lavora, in particolare nei settori e nelle mansioni maggiormente esposte.

L’obiettivo del Protocollo è costruire tutele su misura, fondate su accordi condivisi e procedure di prevenzione concordate, soprattutto in quei contesti in cui le mansioni si svolgono all’aperto, esponendo i lavoratori e le lavoratrici a ondate di calore, radiazioni UV e umidità estreme. Ma i rischi non sono assenti nemmeno nei contesti “indoor”, laddove le condizioni microclimatiche degli ambienti di lavoro risultano inadeguate rispetto agli standard minimi di salubrità. Per questa ragione, il protocollo richiama l’attenzione sul ruolo attivo del datore di lavoro, che deve monitorare costantemente le condizioni meteo, anche attraverso fonti ufficiali come i bollettini emessi dal Ministero della Salute, attivando con tempestività tutte le misure necessarie in caso di emergenze.

Al contempo, il Protocollo si integra con le misure già previste dalla normativa vigente, inclusi gli ammortizzatori sociali (come CIGO e CISOA), utilizzabili in caso di sospensione o rimodulazione dell’attività produttiva dovuta a emergenze climatiche. Gli enti preposti – INL, INAIL e Ministero del Lavoro – restano centrali per l’adozione di regole generali e strumenti tecnici, mentre il Protocollo punta a valorizzare le buone pratiche già esistenti e a promuovere nuovi percorsi condivisi.

L’essenza dell’accordo è chiara: proteggere la salute delle persone senza fermare il lavoro, ma anzi rendendolo più sicuro, più sostenibile, più umano. Per farlo, serve investire sull’informazione e sulla formazione, rafforzare la sorveglianza sanitaria, dotare i lavoratori dei dispositivi di protezione individuale più adatti e, laddove necessario, rivedere turni e orari per evitare l’esposizione nelle ore più critiche.

Il documento si applica a tutti i lavoratori ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 81/2008, comprese gli studenti impegnati in Percorsi per le Competenze Trasversali e l'Orientamento (PCTO)nonché i lavoratori,

Attraverso accordi attuativi calati nelle singole realtà aziendali o territoriali, sarà possibile costruire un sistema di protezione dinamico, capace di adattarsi ai cambiamenti e, soprattutto, di mettere al centro la persona.

Strumenti operativi previsti

Fermo restando l’osservanza degli obblighi discendenti dalla normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, i datori di lavoro dovranno fare riferimento agli accordi attuativi del Protocollo quadro eventualmente stipulati in sede nazionale di categoria, territoriali o aziendali.

Il Protocollo introduce un quadro di buone prassi e strumenti di intervento a disposizione delle parti sociali, tra cui:

  1. informazione e formazione su rischi climatici e comportamenti da adottare;
  2. sorveglianza sanitaria specifica per le esposizioni a condizioni climatiche avverse;
  3. DPI e abbigliamento adeguato, con aggiornamenti per condizioni estreme;
  4. riorganizzazione dei turni di lavoro, per ridurre l’esposizione nelle ore più calde.

Inoltre, viene sottolineata l’importanza del monitoraggio costante delle condizioni meteo da parte del datore di lavoro, anche tramite i bollettini ufficiali del Ministero della Salute.

Valutazione del rischio

Particolare attenzione viene posta sull’integrazione del rischio climatico nella valutazione del rischio aziendale, come previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/2008. L’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) deve contemplare anche i rischi connessi al microclima (art. 180), garantendo l’effettiva tutela psicofisica dei lavoratori.

Ruolo delle parti sociali

Il Protocollo quadro richiama le parti datoriali e sindacali a costituire tavoli contrattuali settoriali e territoriali per l’attuazione concreta delle misure previste. L’obiettivo è costruire intese operative che possano essere incorporate nei CCNL, rendendo le azioni sistematiche e continuative.

Le parti si impegnano, inoltre, a verificare e aggiornare periodicamente l’attuazione del protocollo, prevedendo incontri entro sei mesi dalla firma e la possibilità di attivare gruppi di lavoro locali con il coinvolgimento delle autorità sanitarie.

Le parti sindacali e datoriali si impegnano a promuovere l’istituzione di tavoli contrattuali, a livello nazionale, settoriale, territoriale o aziendale, con l’obiettivo di tradurre in modo concreto le buone prassi e le misure condivise in funzione delle specificità dei diversi contesti produttivi. Tali interventi, calibrati sulla base delle dimensioni aziendali, dei territori e delle caratteristiche dei processi industriali e lavorativi, potranno confluire nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) di riferimento.

Incentivi e attività istituzionale a supporto

Il Protocollo quadro auspica infine anche la previsione di meccanismi di premialità per le imprese aderenti, con l’INAIL che potrà riconoscere forme di incentivazione senza incrementare la spesa pubblica.

Viene infine richiesto al Ministero del lavoro di recepire formalmente il protocollo, adottando misure per:

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