Anche i beni acquisiti per successione ereditaria rientrano tra le variazioni patrimoniali che devono essere comunicate da parte dei soggetti condannati per reati di criminalità organizzata o destinatari di misure di prevenzione, ai sensi dell’art. 30 della Legge n. 646/1982.
È quanto affermato dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18474, depositata il 16 maggio 2025, a soluzione del contrasto giurisprudenziale rilevato dalla Prima sezione penale nell’ordinanza di rimessione n. 26831/2024.
L’omessa comunicazione - ha continuato la Corte - può determinare responsabilità penale, ma soltanto ove sia accertata, da parte del giudice, l’idoneità concreta della condotta a mettere in pericolo l’ordine pubblico, in applicazione del principio di offensività del reato.
Secondo la Corte, l’obbligo di comunicare le variazioni patrimoniali, previsto dall’art. 30 della Legge n. 646/1982 (Legge Rognoni-La Torre), si applica anche ai beni acquisiti per successione ereditaria da parte di soggetti:
L’inosservanza di tale obbligo può determinare una responsabilità penale, configurando il reato previsto dagli articoli 30 e 31 della medesima legge.
Tuttavia, per accertare la rilevanza penale della violazione, è necessario che il giudice verifichi se l’omissione abbia realmente compromesso il bene giuridico tutelato dalla norma – l’ordine pubblico – secondo il principio di offensività in concreto della condotta.
L’articolo 30, si rammenta, impone l’obbligo di comunicare alla Guardia di Finanza, entro trenta giorni, ogni variazione patrimoniale significativa da parte di soggetti condannati per determinati reati o destinatari di misure di prevenzione.
Tale obbligo permane per un periodo di dieci anni decorrente dalla condanna definitiva o dalla definitività del provvedimento di prevenzione.
La ratio della disposizione si fonda su esigenze di prevenzione patrimoniale e tutela dell’ordine pubblico, con l’obiettivo di contrastare l’infiltrazione della ricchezza di origine illecita nei circuiti economici legali.
Le Sezioni Unite, con la sentenza in esame, hanno enunciato il seguente principio di diritto:
Il caso oggetto di decisione riguardava un soggetto condannato per associazione mafiosa, che aveva ricevuto un’eredità di circa 735.000 euro senza darne comunicazione all’autorità. Il Tribunale lo aveva condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, con multa e confisca dell’intera somma ereditata.
A fronte di ciò, la Prima sezione penale aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto giurisprudenziale interno alla Cassazione:
Le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, come anticipato, hanno aderito all’orientamento giurisprudenziale maggioritario.
Nella loro disamina, le SU hanno evidenziato che il legislatore non ha circoscritto l’ambito di applicazione della norma a specifiche tipologie di atti dispositivi.
In particolare, la successione ereditaria non è esclusa né dal tenore letterale della disposizione né dalla sua funzione preventiva, che consiste nel consentire un controllo costante sul patrimonio di soggetti ritenuti pericolosi.
La norma configura un reato di pericolo presunto, dove la semplice omissione dell’obbligo di comunicazione è considerata idonea, in astratto, a ledere il bene giuridico tutelato.
L’obbligo risponde quindi a una finalità di prevenzione e vigilanza, e consente all’autorità un controllo efficace su qualsiasi incremento patrimoniale, indipendentemente dalla causa giuridica dell’acquisizione.
Richiamando le sentenze della Corte costituzionale n. 81/2014 e n. 99/2017, le Sezioni Unite hanno ribadito la legittimità costituzionale dell’obbligo anche per atti soggetti a pubblicità legale.
In attuazione del principio di offensività, tuttavia, il giudice deve sempre procedere a una verifica in concreto sull’effettiva pericolosità della condotta.
Tale valutazione deve tener conto di:
La violazione dell’obbligo di comunicazione determina, di conseguenza:
La confisca ha carattere sanzionatorio e si applica automaticamente in caso di condanna, senza che sia necessario dimostrare l’illiceità dell’acquisizione. La misura si estende anche al corrispettivo di eventuali beni alienati, a rafforzamento dell’effetto dissuasivo e repressivo del sistema.
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