Anche l'esponente aziendale è legittimato ad opporsi alle sanzioni amministrative

Pubblicato il 24 agosto 2013 La Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, con la sentenza n. 19509 depositata il 23 agosto 2013, ha accolto il ricorso presentato da un consigliere di amministrazione di Capitalia e Banca di Roma contro il decreto con cui la Corte d'appello di Roma aveva dichiarato inammissibile l'opposizione dallo stesso promossa contro le sanzioni amministrative irrogate dal Mef agli istituti di credito di cui era esponente aziendale “per violazione di norme legislative e regolamentari in materia di intermediazione finanziaria” e con obbligo di regresso nei suoi confronti.

In particolare, la Corte d'appello aveva affermato la carenza di legittimazione attiva del consigliere di amministrazione rilevando che, in materia di sanzioni amministrative per violazione della disciplina di intermediazione finanziaria, l'esponente aziendale, autore materiale dell'illecito, difettasse di un interesse giuridico attuale e concreto alla rimozione del provvedimento impugnato, emesso nei confronti di un soggetto diverso.

Secondo i giudici di Cassazione, per contro, “il vulnus arrecato al diritto di difesa degli esponenti aziendali non potrebbe essere eliminato in altro modo che attraverso la caducazione del provvedimento giurisdizionale che, rigettando l'opposizione proposta dall'istituto di credito, è inevitabilmente destinato a precludere un diverso accertamento con riferimento alla posizione dei soggetti erroneamente dichiarati non legittimati all'opposizione”.

Ed infatti, ove non si ammettesse la legittimazione processuale delle persone fisiche autrici degli illeciti, sarebbero conseguenziali gli effetti del giudicato destinati a riverberarsi sulla successiva azione di regresso.
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