Anm. Giudici in difficoltà con pct

Pubblicato il 06 ottobre 2015

L'Associazione nazionale magistrati, con documento reso noto il 3 ottobre 2015, ha evidenziato alcune problematicità – più volte segnalate - relative alle repentine innovazioni sul Pct, soprattutto a seguito delle innovazioni di cui al D.l 83/2015, convertito in Legge 132/1995, che ha esteso, nell'ambito del processo digitale, il deposito telematico di atti e documenti.

Detto provvedimento non ha fatto altro che inasprire le problematiche già evidenziate sin dall'introduzione dell'obbligartorietà del deposito degli atti endoprocessuali in primo grado.

Le ricadute del pct sulla magistratura

Le recenti innovazioni hanno comportato inevitabili ricadute sul lavoro dei magistrati, i quali si ritrovano sempre più a dover svolgere compiti e funzioni proprie della cancelleria. Si pensi solo che ad oggi – evidenzia l'Amn – il giudice è tenuto a controllare, in ogni fascicolo in udienza, se vi è stato il deposito di atti e documenti, provvedere all'apertura degli allegati, alla stampa del contenuto ed al deposito nel fascicolo.

Ciò comporta, indubbiamente, un evidente rallentamento dei tempi di studio della causa ed uno svilimento della stessa funzione del magistrato, oggi alle prese con elaborati compiti di cancelleria e con strumenti informatici non sempre duttili.

Alla luce di ciò, va ribadito che il Pct, allo stato attuale ancora ibrido, non può assolutamente comportare l'abbandono del cartaceo, il mantenimento del quale, tuttavia, non può gravare sul magistrato.

Si auspica dunque, in vista del tavolo tecnico fissato per la data odierna del 6 ottobre 2015, che il Ministro della Giustizia assicuri una stabile e continuativa interlocuzione con l'Anm e che adotti al più presto un regolamento recante misure organizzative, per far si che la contemporanea acquisizione degli atti cartacei avvenga senza alcun onere per la magistratura .  

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