Non ha carattere perentorio il termine di dieci giorni, entro il quale l’appellante, ai sensi dell’articolo 435, secondo comma, del Codice di procedura civile, deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l’impugnazione, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione.
La relativa inosservanza – non sanzionata ex lege – non produce alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell’appellato, sempre che risulti rispettato il termine che, ai sensi dell’articolo 435, commi terzo e quarto del Codice processuale civile, deve intercorrere tra i giorno della notifica e quello dell’udienza di discussione, trattandosi, quest’ultimo, di termine direttamente incidente sulle garanzie di difesa dell’appellato.
E’ questa l’uniforme interpretazione di legittimità ribadita dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 6464 depositata il 14 marzo 2017, con riferimento all’individuazione del presupposto della dichiarazione di improcedibilità dell’appello nel rito lavoro esclusivamente nel caso di omessa o inesistente notifica del ricorso e del pedissequo decreto.
Sanzione che i giudici di legittimità ribadiscono come “inapplicabile” nel caso in cui la notifica sia stata comunque eseguita oltre il termine dei dieci giorni citato.
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