Assenza ingiustificata dal lavoro per oltre venti giorni: licenziamento

Pubblicato il 09 febbraio 2023

Con ordinanza n. 3363 del 3 febbraio 2023, la Sezione lavoro della Corte di cassazione ha confermato la declaratoria di legittimità del recesso disciplinare comminato a un lavoratore dopo che questi era stato arrestato nell'ambito di un'indagine per traffico di stupefacenti.

Al dipendente, in particolare, erano stati contestati l'assenza ingiustificata dal lavoro protrattasi per oltre venti giorni e l'avere fatto parte di una rete criminale dedita al traffico di droga, con coinvolgimento anche in un furto presso il supermercato ove lo stesso prestava la propria attività.

Obbligo di comunicazione dell'assenza e legittimo impedimento

La Corte d'appello, in riforma della decisione di primo grado, aveva richiamato il CCNL applicabile, in base al quale, salvo i casi di legittimo impedimento e fermo restando l'obbligo di dare immediata notizia dell'assenza al datore di lavoro, le assenze del dipendente devono essere giustificate per iscritto presso l'azienda entro 48 ore.

Tale obbligo non poteva ritenersi assolto dall'asserita comunicazione verbale che, nella specie, era stata fatta all'azienda dalla madre e dalla sorella del dipendente, dopo che questi era stato tratto in arresto nell'ambito dell'operazione antidroga.

Andava inoltre escluso che la carcerazione preventiva, nella quale si trovava l'interessato, potesse configurare impedimento assoluto alla comunicazione all'azienda dell'assenza, costituendo onere del lavoratore - nel caso in esame non assolto - dimostrare la assoluta impossibilità di far pervenire tramite il proprio legale siffatta comunicazione.

Per i giudici di gravame, la fondatezza del primo addebito, da solo idoneo a giustificare la sanzione espulsiva, assorbiva la necessità di esame del secondo illecito contestato.

Il dipendente si era rivolto alla Suprema corte, censurando la sentenza impugnata:

Custodia cautelare? L'assenza dal lavoro va comunque comunicata

Motivi, questi, entrambi rigettati dal Collegio di legittimità.

La prima censura, in particolare, è stata ritenuta inammissibile in quanto non si confrontava con la effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, che risiedeva nel non avere il lavoratore fatto pervenire alla società datrice di lavoro la comunicazione scritta relativa all'assenza nel termine di tre giorni, come prescritto dalla norma collettiva.

Ed era da rigettare anche l'ulteriore doglianza, in quanto i giudici di appello non avevano affatto affermato, come ex adverso ritenuto, che la custodia cautelare non integrava un legittimo impedimento alla prestazione lavorativa ma solo che il lavoratore non aveva dimostrato che essa costituiva impedimento a far pervenire alla società datrice di lavoro la giustificazione scritta dell'assenza.

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