Autoriciclaggio per l’imprenditore che sottrae compensi ai lavoratori e li reimpiega

Pubblicato il 08 giugno 2018

Estorsione e autoriciclaggio per il datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato, costringe i lavoratori, minacciandoli di licenziamento, di accettare compensi lavorativi più bassi di quelli concordati.

 Questo è il contenuto della sentenza n. 25979, del 7 giugno 2018, emanata dalla Corte di cassazione.

Autoriciclaggio perché i profitti illeciti venivano reimpiegati in azienda

Con la detta pronuncia è stato affermato che:

Infatti, per quanto attiene all’autoriciclaggio, l’articolo 648ter.1 del Codice penale punisce le attività d’impiego, sostituzione e trasferimento di beni o altre utilità poste in essere dallo stesso autore del delitto presupposto che ostacolano la ricostruzione della matrice illegale.

Vale, quindi, a provare la sussistenza del reato la condotta dotata di particolare capacità dissimulatoria ossia la volontà dell’autore di attuare un impiego finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro.

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