Avvocati: niente Gestione separata con redditi sotto 5mila euro

Pubblicato il 16 marzo 2021

La Corte di cassazione, con sentenza n. 7227 del 15 marzo 2021, ha confermato la decisione con cui i giudici di primo e secondo grado avevano escluso che un avvocato fosse tenuto all’iscrizione alla Gestione separata INPS, in relazione ai periodi nei quali il professionista aveva prodotto un reddito inferiore ai minimi previsti per l’obbligo di iscrizione presso Cassa Forense, secondo la previgente normativa.

La Corte d’appello, pur riconoscendo, in linea generale, l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata in caso di esercizio abituale della professione di avvocato e in assenza di iscrizione alla Cassa Nazionale forense, aveva preso in considerazione, come indizio della natura occasionale dell’attività svolta dall’interessato, il fatto che questi avesse percepito redditi di importo inferiore a 5mila euro; nel caso in esame, inoltre, l’INPS non aveva fornito alcuna prova a supporto della natura abituale della medesima attività.

L’Istituto previdenziale si era rivolto alla Suprema corte, censurando la statuizione dei giudici di merito, nella parte in cui avevano ritenuto che la produzione di un reddito inferiore alla soglia di 5mila euro costituisse elemento sintomatico decisivo ai fini della valutazione dell’occasionalità della prestazione, e ciò senza considerare le ulteriori circostanze acquisite al processo e rimaste incontestate, vale a dire il mancato inserimento del reddito da lavoro autonomo tra i redditi diversi ai fini fiscali e la titolarità di partita IVA.

Abitualità da accertare in punto di fatto anche con presunzioni

Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Sezione Lavoro della Corte di cassazione, secondo la quale, una volta chiarito che il requisito dell’abitualità deve essere accertato in punto di fatto, valorizzando le presunzioni ricavabili ad esempio dall’iscrizione all’albo, dalle dichiarazioni rese ai fini fiscali, dall’accensione della partita Iva o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, ben può, la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a 5mila euro, rilevare quale indizio per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità.

Ed era quanto considerato dalla Corte territoriale nel caso in esame, nell’ambito del quale, sebbene l’INPS avesse lamentato che non erano state adeguatamente valorizzate ulteriori circostanze fattuali acquisite al processo, nulla della loro sussistenza era riscontrabile nella sentenza impugnata, né l’Istituto aveva specificamente illustrato quando e in quale contesto esse erano state veicolate in giudizio e discusse tra le parti.

Professionisti, obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS

Nel testo della decisione, gli Ermellini hanno richiamato la portata precettiva dell’art. 2, comma 26, Legge n. 335/1995, per come autenticamente interpretato dall’art. 18, comma 12 del DL n. 98/2011, anche sulla scorta di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

L’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, ossia, è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nell’art. 44, comma 3, DL n. 269/2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o a un elenco, venendo meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla Cassa di riferimento (Cass. n. 32167/2018).

Nell’intento del legislatore – ha puntualizzato la Corte – l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte del professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento.

In tale contesto, la produzione di un reddito superiore alla soglia di 5mila euro costituisce il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normalmente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività svolta con i caratteri dell’abitualità.

Il ricorso dell’INPS è stato in definitiva rigettato.

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