Bancarotta fraudolenta, bilanciamento circostanze e pene accessorie

Pubblicato il 22 dicembre 2020

La rinuncia alla costituzione di parte civile per avvenuto risarcimento rileva nel bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti della bancarotta e nella durata delle pene accessorie applicabili.

Bancarotta fraudolenta, condanna amministratori di fatto

La Corte di cassazione, con sentenza n. 36870 del 21 dicembre 2020, ha parzialmente annullato la decisione con cui i giudici di merito avevano condannato due imputate, quali amministratrici di fatto di una Srl fallita, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta semplice, unificati in un unico delitto di bancarotta fraudolenta aggravata ex art. 219, secondo comma, n. 2 della Legge Fallimentare.

Alle due imprenditrici - a cui erano state applicate le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante - era stato contestato di avere, al fine di procurare a sé stesse un ingiusto profitto o di arrecare danno ai creditori sociali, tenuto le scritture contabili in modo tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della società o di averle distrutte o occultate, così da non consentire di stabilire l'esatto valore delle rimanenze, iscritte nell'ultimo.

Alle stesse era stato imputato anche di avere aggravato il dissesto della società protraendone l'attività nonostante l'esistenza di un dissesto già conclamato.

Circostanze e pene accessorie, rilevanza della revoca a costituzione di parte civile

Le imputate avevano promosso ricorso davanti alla Suprema corte, nella cui sede sono stati accolti i motivi di doglianza attinenti al bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti e alla determinazione della durata delle pene accessorie.

In primo luogo, le ricorrenti avevano lamentato la mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine al menzionato giudizio di bilanciamento posto che la Corte d’appello aveva confermato l’equivalenza delle attenuanti generiche all’aggravante contestata, affermando che le imputate non avevano in alcun modo risarcito il danno.

In realtà, la curatela aveva revocato la propria costituzione di parte civile in conseguenza dell’avvenuto risarcimento da parte delle due imputate.

Secondo gli Ermellini, ciò posto, vi era stato un travisamento per omessa valutazione del predetto atto di rinuncia laddove, ai fini del bilanciamento, era stato affermato che il giudizio di equivalenza trovava giustificazione nella assenza di qualsivoglia condotta riparatoria del danno.

Fondati, come detto, sono stati giudicati anche gli ultimi due motivi del ricorso, sollevati dalle ricorrenti contro la statuizione che aveva giustificato il mantenimento in 10 anni della durata delle pene accessorie, facendo soprattutto riferimento alla mancanza di condotte risarcitorie da parte delle due imputate.

Anche tale decisione risultava conseguenza del travisamento per omissione del contenuto dell’atto di revoca della costituzione di parte civile.

Sul punto, la Quinta sezione penale della Cassazione ha peraltro ricordato come, in tema di pene accessorie, nel caso in cui la durata di queste sia determinata in misura superiore alla media edittale, è necessaria una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi e oggettivi valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena.

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