La mera titolarità di un altro immobile nello stesso Comune non comporta, di per sé, la decadenza dal beneficio prima casa, qualora l’abitazione già posseduta risulti inidonea a soddisfare le esigenze abitative del contribuente.
Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29262 del 5 novembre 2025, nel chiarire un principio di rilievo in materia di agevolazioni fiscali “prima casa”:
L’Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni “prima casa” a una contribuente, ritenendo mendace la dichiarazione resa nel rogito notarile, nella quale affermava di non possedere altri immobili nel Comune in cui aveva acquistato la nuova abitazione.
In realtà, la contribuente risultava proprietaria di un altro fabbricato nello stesso Comune.
La Commissione Tributaria Provinciale e, successivamente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avevano confermato la decadenza, ritenendo che la dichiarazione mendace impedisse automaticamente la fruizione del beneficio, a prescindere dall’idoneità dell’altro immobile.
Contro tale decisione la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione della normativa sulle agevolazioni “prima casa” e il vizio di extrapetizione, per aver il giudice d’appello fondato la decisione su un fatto non dedotto in giudizio.
La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso, ha precisato che la “dichiarazione mendace” di cui alla nota II-bis dell’art. 1 della Tariffa, parte I, DPR 131/1986, non può essere intesa in senso meramente formale.
Il concetto di “impossidenza di altra casa di abitazione” deve riferirsi all’assenza di un immobile idoneo all’uso abitativo, tenuto conto delle condizioni soggettive e oggettive del contribuente.
Sul punto, la Cassazione ha richiamato una giurisprudenza costante (Cass. nn. 18128/2009, 13531/2020, 15502/2025), secondo cui l’idoneità deve essere valutata non solo sul piano strutturale, ma anche in base alle concrete esigenze personali, familiari e lavorative del contribuente.
Per la Suprema corte, infatti, "chi abbia il possesso di altra casa valutata come "non idonea" all'uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva (es.: inabitabilità) che di natura soggettiva (es.: fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative) può ugualmente godere dell'agevolazione".
Pertanto, la mera proprietà di un’altra casa nello stesso Comune non costituisce automaticamente una dichiarazione mendace, se l’immobile non è concretamente abitabile o idoneo a soddisfare le esigenze abitative.
La Corte ha inoltre censurato la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice d’appello aveva introdotto un elemento nuovo – il presunto precedente godimento delle agevolazioni “prima casa” – non oggetto di contestazione.
Tale condotta integra un vizio di extrapetizione, poiché altera il perimetro del giudizio e lede il principio del contraddittorio.
In conclusione, la Cassazione ha precisato che:
La Cassazione ha quindi accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione.
La pronuncia conferma l’orientamento volto a garantire un’applicazione sostanziale e non formalistica delle agevolazioni “prima casa”, valorizzando la concreta idoneità dell’immobile e le reali esigenze abitative del contribuente.
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