Call center, intervento a tappe

Pubblicato il 16 giugno 2006

La mancanza di autonomia della prestazione nella gestione del lavoro impedisce la possibilità di instaurare con il lavoratore un contratto a progetto. L’esistenza del progetto richiede la possibilità di autodeterminare il ritmo di lavoro; così come autonoma deve essere la gestione del “tempo” di lavoro. Ciò è quanto si legge nella circolare n. 17/2006, con cui il Ministro del Lavoro ha istruito gli ispettori sulle verifiche dei contratti di lavoro a progetto attivati nel settore dei call center. La circolare (si veda anche l’Edicola di ieri) mira a risolvere le problematiche emerse in merito all’utilizzo delle co.co.co., nella nuova veste del lavoro a progetto dopo la riforma del Dlgs n. 276/2003. Dalla lettura attenta del documento emerge che le nuove indicazioni possano apparire come il tentativo di attribuire al lavoro a progetto la fisionomia di un vero e proprio “contratto di lavoro”, allontanandolo dalla natura che esso aveva assunto, in base alla precedente circolare 1/2004, di mera modalità di esecuzione delle collaborazioni coordinate e continuative. 

La presa di posizione del ministero del Lavoro, anche se puramente operativa e destinata al personale ispettivo, si unisce ai numerosi interventi di prassi e giurisprudenza che, in questi anni, hanno tentato di definire i requisiti del “progetto”, aggiungendo un ulteriore elemento a quanto fin qui emerso: i progetti o programmi, pur potendo essere connessi all’attività principale od accessoria dell’impresa, non possono coincidere con la stessa o sovrapporsi ad essa. In altri termini il progetto non può essere del tutto generico e coincidente con l’oggetto sociale.   

 

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