Carte aziendali, stop abusi

Pubblicato il 04 febbraio 2009

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 4404 del 2 febbraio 2009, ha accolto, con rinvio, un ricorso presentato dalla Procura di Perugia contro la decisione con cui la Corte d'appello umbra aveva prosciolto, per prescrizione di reato, l'amministratore di una società che aveva sottratto denaro dai conti aziendali per scopi personali. L'imprenditore, per il quale il reato di appropriazione indebita era caduto in prescrizione, rischia ora - e dopo la dichiarazione di fallimento della società - una più grave condanna per bancarotta fraudolenta. Il giudicato sul primo reato non preclude, infatti, il successivo giudizio sul reato fallimentare. Per la quinta sezione penale, in particolare, “in presenza di condotte materiali del tutto identiche, poste in essere dall'imputato nella riferita qualità, un elemento del tutto esterno alla condotta stessa, quale appunto la dichiarazione di fallimento, non avrebbe potuto essere considerato evento ulteriore, idoneo a consentire l'istaurazione di un nuovo giudizio per bancarotta fraudolenta per distrazione a suo carico, dopo l'intervenuta irrevocabilità della condanna per appropriazione indebita”.

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