Cassazione: comparazione dei marchi in via globale e sintetica

Pubblicato il 18 ottobre 2018

Con due ordinanze depositate in pari data, la Corte di cassazione si è pronunciata in materia di marchi, accogliendo, con rinvio, i ricorsi rispettivamente presentati da due case di moda.

Contraffazione per confondibilità dei marchi

Nel primo caso, l’impugnazione riguardava la decisione di merito che aveva respinto la domanda volta all’accertamento della contraffazione di un marchio sull’assunto dell'avvenuta registrazione e utilizzazione, da parte del convenuto, di un marchio del tutto simile a quello dell’attrice, marchio di cui era stata chiesta la dichiarazione di nullità.

In particolare, la Corte di appello, pur avendo affermato che la comparazione dei marchi andasse compiuta in via globale e sintetica e che la tutela dei marchi forti dovesse essere significativamente incisiva, aveva escluso la confondibilità tra i marchi sottoposti al suo esame sulla considerazione che quello della convenuta, pur evocando sfacciatamente il simbolo dell’attrice, “ne richiamava le fattezze impiegando lettere diverse e con un'impronta generale non graficamente sovrapponibile, con varianti che non potevano sfuggire ai clienti della rinomata casa”.

Rispetto a questa decisione, la Cassazione, con ordinanza n. 26000 del 17 ottobre 2018, ha ritenuto fondata la doglianza sollevata dalla ricorrente per quel che riguarda il rischio di confusione tra i marchi.

Secondo la Corte suprema, in particolare, nella sentenza impugnata era stato dato decisivo ingresso a considerazioni circa la mera volontà della convenuta di ispirarsi al marchio in questione, nella consapevolezza di offrire prodotti per valore e qualità sicuramente inferiori, ma non era stato illustrato, con specifico riferimento alla fattispecie in esame ed ai criteri indicati, per quale ragione fosse da escludere il rischio di confusione e di associazione nei consumatori.

Va illustrato perché il rischio di confusione è da escludere

Nella seconda vicenda, la casa di moda aveva promosso un giudizio nei confronti di una SRL per sentire accertare la contraffazione dei propri marchi figurativi tridimensionali e la concorrenza sleale asseritamente posta in essere dalla seconda, a seguito dell’utilizzo di un marchio del tutto simile al proprio.

I giudici di gravame avevano escluso la contraffazione del marchio in oggetto affermando che, pur risultando evidente una qualche somiglianza con il marchio dell’attrice, questa consisteva in una "lontana somiglianza" che non faceva sorgere il rischio di confusione per il pubblico.

Per i giudici di legittimità – ordinanza n. 26001/2018 – anche in questa sentenza non erano stati correttamente applicati i principi inerenti il rischio di confusione.

In essa, in particolare, era stato dato, erroneamente, decisivo ingresso a considerazioni circa la funzione strumentale o meno svolta dall'elemento nel quale era stato incorporato il segno richiamante il marchio tridimensionale, “senza illustrare con specifico riferimento alla fattispecie in esame ed agli ulteriori criteri prima indicati per quale ragione tale condotta non potesse comunque integrare il rischio di confusione e di associazione nei consumatori”.

In definitiva, era mancato l'accertamento, nella sua complessiva articolazione, come delineato dalla giurisprudenza di legittimità e dalla Corte di Giustizia per la corretta applicazione della normativa in tema di marchi nazionali e comunitari.

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