Cassazione: inammissibili i ricorsi “sandwich”

Pubblicato il 06 aprile 2018

Non è ammissibile il ricorso redatto con la tecnica dei cosiddetti atti “assemblati” o “farciti” o “sandwich, ossia con la riproduzione integrale di una pluralità di documenti all’interno dell’atto, senza alcuno sforzo di selezione o rielaborazione sintetica dei loro contenuti.

Lo ha precisato la Corte di cassazione, con la sentenza n. 8245 del 4 aprile 2018, dopo che era stata investita, nell’ambito di una lite tributaria, dell’esame sull’ammissibilità del ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate avverso una decisione della Commissione tributaria regionale.

Violati i principi di sinteticità e di autosufficienza

I giudici di legittimità hanno spiegato come l’eccesso di documentazione riprodotto nei ricorsi “assemblati” non soddisfi la richiesta alle parti di una concisa rielaborazione delle vicende processuali prevista per il giudizio di cassazione, violando il principio di sinteticità che deve informare l’intero processo, e ciò anche in funzione di quello costituzionale di ragionevole durata.

Inoltre, si impedisce di cogliere le problematiche della vicenda, comportando il sostanziale mascheramento dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte, tanto da risolversi, paradossalmente, in un difetto di autosufficienza del ricorso stesso. Non costituisce, infatti, onere della Suprema corte quello di provvedere all’indagine e alla selezione di quanto è necessario per la discussione del ricorso.

Atto inammissibile

Nel caso esaminato, la Sezione tributaria civile ha ritenuto la tecnica espositiva contenuta nel ricorso dell’Amministrazione finanziaria “inidonea ad integrare il requisito dell’art. 366 n. 3 cod. proc. civ.”, ossia dell'esposizione sommaria dei fatti della causa, in quanto, di fatto, onerava la Corte di procedere alla lettura degli atti e documenti integralmente riprodotti.

Per percepire il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale, difatti, i giudici di legittimità avrebbero dovuto procedere similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, in mancanza di quella sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla decisione impugnata.

Nel dettaglio, il ricorso si componeva di 179 pagine, che si sostanziavano, per la maggior parte, nel PVC, nella motivazione della sentenza impugnata e nell’avviso di accertamento. Espunti tali atti e documenti, il ricorso si riduceva a 5 pagine contenenti una breve illustrazione dei due motivi di ricorso e delle conclusioni, preceduti da una esposizione dei fatti processuali estremamente sintetica, che – a parere della Corte - non era sicuramente conforme al principio di autosufficienza.

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