Cassazione, ribadito il diritto all'esecuzione della prestazione lavorativa

Pubblicato il 01 luglio 2020

Con Ordinanza del 24 giugno 2020, n. 12485, la Corte di Cassazione ribadisce i contenuti dell'art. 2103, ante Jobs Act, secondo cui il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto ovvero quelle equivalenti delle ultime effettivamente svolte, senza diminuzione della retribuzione.

Nel caso in esame, il lavoratore ricorreva innanzi al Tribunale di Parma chiedendo l'accertamento della responsabilità datoriale, contrattuale ed extracontrattuale, in relazione al demansionamento e/o alla dequalificazione subiti durante il corso del rapporto di lavoro, nonché l'illegittimità della lesione del proprio equilibrio psicofisico e morale.

In particolare, come rilevato nelle osservazioni della Corte, l'aver privato il lavoratore di ogni compito o mansione, fa sorgere in capo all'Azienda una responsabilità risarcitoria per violazione dell'art. 2103, Cod. Civ., posto che, la norma, riconosce esplicitamente il diritto di eseguire la prestazione lavorativa, salvo che l'inattività sia riconducibile ad un lecito comportamento del datore di lavoro stesso, quale esplicazione dei poteri imprenditoriali garantiti dall'art. 41 della Carta Costituzionale.

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