Chiarimenti su alcuni aspetti della nuova legge fallimentare: concordato preventivo

Pubblicato il 20 marzo 2013 Alcune recenti pronunce giurisprudenziali si sono espresse in materia di preconcordato, facendo chiarezza su alcuni dubbi sorti in merito ad una delle principali novità apportate dalla legge fallimentare, in vigore dal mese di settembre 2012.

Il Tribunale di Mantova, con provvedimento del 31 gennaio 2013, nel valutare una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo secondo quanto previsto dal nuovo articolo 161 della legge fallimentare, ha concluso che la società che oltre che ai documenti per la presentazione del piano ha anche presentato il ricorso, la visura camerale, il verbale dell'assemblea dei soci e il modello Unico relativo ai tre anni d’imposta precedenti non ha agito correttamente: l'istanza, infatti, non può essere accolta perché le dichiarazioni dei redditi presentate non sostituiscono i bilanci dei tre anni precedenti come richiesto dalla legge.

Analogamente, come sostenuto dal Tribunale di Monza con una pronuncia del 15 gennaio 2013, non può essere presentata dall’imprenditore la richiesta del termine di presentazione del preconcordato, soprattutto se ciò avviene nel corso dell'udienza fissata per decidere sull’ammissibilità dell'originaria domanda di concordato. Per i giudici si tratta di un comportamento non accettabile dato che potrebbe celare la sospetta intenzione di bloccare l’eventuale dichiarazione di fallimento da parte del tribunale con grave pregiudizio per i creditori.

Infine, anche la Suprema Corte di Casazione si è trovata ad affrontare la materia fallimentare nella recente pronuncia dell’11 marzo 2013, la n. 5945, con cui si è precisato che spetta al giudice italiano decidere sull’istanza di fallimento presentata nei confronti di una società di capitali, costituita nel nostro Paese, ma che dopo l’inizio della crisi d’impresa, ha trasferito all’estero la propria sede legale.
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