La dichiarazione di inefficacia della CILA Superbonus è un atto impugnabile. L'Ente comunale è obbligato ad attivare il soccorso istruttorio per correggere eventuali irregolarità.
Con la sentenza n. 1651 del 25 febbraio 2025, il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso presentato da alcuni cittadini contro il Comune di Torre del Greco, in relazione alla dichiarazione di inefficacia della Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA) per il Superbonus.
La dichiarazione di inefficacia era stata emessa dal Comune oltre i termini previsti dalla normativa vigente, determinando l’impossibilità di completare i lavori e di beneficiare dell’agevolazione fiscale.
In particolare, nonostante la CILA fosse stata presentata il 27 dicembre 2021, il Comune ne aveva comunicato l’inefficacia solo il 20 marzo 2024, oltre i termini previsti dalla legge.
I ricorrenti, ciò posto, avevano ritenuto tale atto pregiudizievole, in quanto aveva impedito il completamento dei lavori entro la scadenza del 31 dicembre 2024 per il Superbonus.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per la Campania aveva dichiarato inammissibile il ricorso, sostenendo che la dichiarazione di inefficacia della CILA non avesse carattere provvedimentale.
In sostanza, il TAR aveva ritenuto che l’atto adottato dal Comune fosse un semplice avviso e non un provvedimento amministrativo avente effetti lesivi nei confronti dei ricorrenti.
Contro questa decisione, gli interessati avevano presentato appello al Consiglio di Stato, sostenendo che la dichiarazione di inefficacia della CILA ha un carattere autoritativo e incide direttamente sulla sfera giuridica del privato.
Inoltre, i ricorrenti avevano sottolineato che il provvedimento comunale li aveva posti in una situazione di impossibilità giuridica e temporale di ripresentare una nuova CILA, poiché il termine massimo per la presentazione di tale comunicazione era scaduto il 17 febbraio 2023.
In questo modo, l’atto impugnato aveva causato un danno irreparabile, privando i cittadini di un titolo legittimante necessario per accedere alle agevolazioni previste per gli interventi di ristrutturazione edilizia.
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e ha riformato la decisione del TAR.
In primo luogo, il Collegio amministrativo ha riconosciuto la lesività del provvedimento comunale impugnato e stabilito che la dichiarazione di inefficacia della CILA è un atto impugnabile.
Un atto amministrativo - si legge nella decisione - è impugnabile se ha effetti lesivi sulla posizione giuridica del destinatario.
Nel caso specifico, la dichiarazione di inefficacia della CILA aveva impedito la prosecuzione dei lavori, determinando conseguenze economiche e giuridiche rilevanti per i ricorrenti.
Di conseguenza, non poteva essere considerata un semplice atto informativo, ma un provvedimento amministrativo a tutti gli effetti, soggetto a impugnazione dinanzi al giudice amministrativo.
Sul fronte del merito, il ricorso degli interessati è stato giudicato fondato sotto l’assorbente profilo della illegittima mancata attivazione del soccorso istruttorio.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato che la Pubblica Amministrazione è tenuta, nel rispetto del principio di leale collaborazione, a richiedere eventuali chiarimenti o integrazioni documentali prima di adottare provvedimenti pregiudizievoli per il privato.
Nel caso di specie, il Comune di Torre del Greco avrebbe dovuto consentire ai ricorrenti di fornire documentazione integrativa per dimostrare la conformità dell’intervento edilizio.
L’assenza di questo passaggio aveva reso il provvedimento illegittimo e arbitrario.
Difatti, le irregolarità contestate dal Comune riguardavano principalmente carenze documentali, tra cui discrepanze tra l’elaborato grafico della CILA e il titolo edilizio, risalente a prima del 1967 ma non reperito dall’amministrazione. Per contro, il ricorrente sosteneva la conformità dello stato dei luoghi alle opere originarie, comprese le lievi difformità rilevate, che risultavano per lo più in riduzione rispetto al progetto autorizzato. Inoltre, era presente il consenso del comproprietario.
Tali carenze avrebbero potuto essere sanate tramite il soccorso istruttorio, obbligo previsto dall’art. 6 della Legge n. 241/1990, che impone alla Pubblica Amministrazione di consentire l’integrazione della documentazione prima di adottare provvedimenti sfavorevoli.
L'obbligo del soccorso istruttorio
Il soccorso istruttorio - ha ricordato il Consiglio di Stato - rappresenta un istituto generale del procedimento amministrativo.
La sua applicazione è particolarmente rilevante al di fuori dei procedimenti comparativi, consentendo ai privati di integrare o correggere la documentazione prima dell’adozione di provvedimenti sfavorevoli.
Tale istituto si basa sul principio di buona fede e collaborazione tra Pubblica Amministrazione e privato, garantendo una gestione equa e trasparente del procedimento amministrativo. Esso, di fatto, consente ai cittadini di correggere omissioni, inesattezze e irregolarità documentali, anche dopo un preavviso di rigetto, per tutelare il loro legittimo affidamento.
Se non vi sono esigenze di parità di opportunità o necessità di accelerazione del procedimento, il soccorso istruttorio rappresenta un criterio di legittimità dell’azione amministrativa, come stabilito dall’art. 6, comma 1, lettera b), della Legge n. 241/1990.
Nel caso esaminato, non erano emersi elementi che giustificassero l’esclusione del soccorso istruttorio, poiché non vi erano esigenze di accelerazione del procedimento né di tutela della par condicio con altri soggetti.
Inoltre, le irregolarità contestate avrebbero potuto essere sanate attraverso il coinvolgimento del ricorrente, il quale avrebbe avuto la possibilità di fornire la documentazione necessaria a dimostrare la conformità dell’intervento edilizio.
Nella decisione, il Consiglio di Stato ha altresì ribadito l’importanza del principio di tutela del legittimo affidamento, secondo cui i cittadini devono poter contare sulla stabilità degli atti amministrativi.
Nel caso in esame, i ricorrenti avevano avviato i lavori in buona fede, facendo affidamento sulla validità della CILA.
L’intervento tardivo del Comune, con una dichiarazione di inefficacia oltre i termini di legge, aveva generato una situazione di incertezza, compromettendo il diritto del privato a completare l’intervento edilizio nei tempi previsti.
A seguito della decisione del Consiglio di Stato, la dichiarazione di inefficacia della CILA è stata annullata, con conseguente ripristino della validità del titolo edilizio.
Il Comune di Torre del Greco è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali, quantificate in 4.000 euro per entrambi i gradi di giudizio.
Sintesi del caso | Alcuni cittadini hanno impugnato la dichiarazione di inefficacia della CILA Superbonus emessa dal Comune di Torre del Greco nel marzo 2024, nonostante la comunicazione fosse stata presentata nel dicembre 2021. Il provvedimento tardivo ha impedito il completamento dei lavori entro il termine del 31 dicembre 2024 per il Superbonus. |
Questione dibattuta | Il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso, sostenendo che la dichiarazione di inefficacia della CILA non fosse un atto provvedimentale impugnabile. I ricorrenti, invece, hanno contestato questa interpretazione, sostenendo che l'atto comunale fosse lesivo e incidesse sulla loro posizione giuridica, impedendo l'accesso al Superbonus. |
Soluzione del Consiglio di Stato | Il Consiglio di Stato ha riformato la decisione del TAR, riconoscendo la lesività della dichiarazione di inefficacia e la sua impugnabilità. Ha inoltre stabilito l'obbligo per il Comune di attivare il soccorso istruttorio, consentendo ai cittadini di integrare eventuali documenti mancanti prima di adottare un provvedimento sfavorevole. |
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