Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2024, suppl. ordinario n. 45, l’atteso (nuovo) decreto correttivo al codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).
Il decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209, in vigore dal 31 dicembre 2024, recepisce le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato con il parere n. 1463 del 2 dicembre 2024, dalla Conferenza Stato-Regioni con il parere reso il 23 dicembre 2024 e dalle Commissioni parlamentari.
Con specifico riferimento al tema delle tutele lavoristiche, stralciata la norma, tanto discussa, che “parametrava” la rappresentatività delle parti sociali, il correttivo fornisce i criteri e le modalità per l'individuazione del contratto collettivo nazionale e territoriale da applicare al personale impiegato nell’appalto o nella concessione e per la verifica di equivalenza dei contratti.
L’obiettivo che anima il legislatore è quello di stabilire principi chiari e univoci, capaci di orientare e semplificare, con il ricorso anche a indici presuntivi, l’attività delle stazioni appaltanti, degli enti concedenti e degli operatori economici.
Analizziamo di seguito le novità.
L’articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209 modifica l’articolo 11 del Codice appalti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023).
Vale qui la pena di ricordare che l’articolo 11 in parola reca, ai commi da 1 a 5, i principi di applicazione dei contratti collettivi al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni.
Il correttivo al codice dei contratti pubblici amplia i confini degli obblighi previsti in capo a stazioni appaltanti ed enti concedenti, disponendo (nuovo comma 2 dell'articolo 11 del Codice appalti pubblici) che il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione debba essere indicato nei documenti iniziali di gara (pertanto non più solo nei bandi e negli inviti) e nella decisione di contrarre di cui all'articolo 17, comma 2, del codice per le ipotesi di affidamento diretto.
Con l’aggiunta poi del nuovo comma 2-bis si dettano i criteri da osservare in caso di esecuzione di prestazioni scorporabili, secondarie, accessorie o sussidiarie: se le relative attività sono differenti da quelle prevalenti oggetto di appalto/concessione e laddove si riferiscano, per una soglia pari o superiore al 30%, alla medesima categoria omogenea di attività, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono indicare, nei documenti iniziali di gara e nella decisione di contrarre, anche il contratto collettivo, nazionale e territoriale, di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e applicabile al personale impiegato in tali prestazioni.
È affidato infine al nuovo Allegato I.01 “Contratti collettivi”, inserito dall’articolo 73 del decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209, il compito di definire i criteri e le modalità per l'individuazione del contratto collettivo nazionale e territoriale da applicare, nei bandi, negli inviti e nella decisione di contrarre, nonché per la presentazione e verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele di cui all’articolo 11, comma 4, ciò anche nell’ipotesi di prestazioni scorporabili, secondarie, accessorie o sussidiarie.
Tale allegato potrà tuttavia essere abrogato e sostituito da un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministro del lavoro (articolo 72, del correttivo).
È peraltro giusto ricordare che tali criteri, modalità e principi, per espressa previsione di legge, si applicano estensivamente anche ai lavoratori impiegati in subappalto (articolo 11, comma 5). L'affidatario, ai sensi dell'articolo 119, comma 7, è infatti tenuto ad osservare il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni ed è responsabile, in solido, dell'osservanza delle norme da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto.
Il nuovo Allegato I.01 è suddiviso in 5 articoli. In particolare:
Sono due i criteri a cui devono attenersi le stazioni appaltanti e gli enti concedenti per individuare il contratto collettivo nazionale e territoriale di lavoro applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione:
Con riguardo al primo criterio, dovrà essere identificata l'attività da eseguire mediante indicazione del codice del rispettivo codice ATECO, eventualmente anche in raffronto con il codice per gli appalti pubblici (CPV) indicato in bandi, inviti e decisione di contrarre. Inoltre, dovrà essere individuato l'ambito di applicazione del contratto collettivo di lavoro in relazione ai sotto-settori con cui sono classificati i contratti collettivi nazionali depositati nell'Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).
Ai fini della maggiore rappresentatività comparativa (secondo criterio), le stazioni appaltanti o gli enti concedenti sono tenuti a far riferimento ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale presi a riferimento dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella redazione delle tabelle per la determinazione del costo medio del lavoro. In assenza delle predette tabelle, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti a interpellare il Ministero del lavoro affinché lo stesso indichi il contratto collettivo di lavoro stipulato tra le associazioni comparativamente più rappresentative.
Resta fermo il divieto per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di imporre, a pena di esclusione, nel bando di gara o nell'invito, l'applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione.
L’articolo 11, ai commi 3 e 4, del Codice degli Appalti pubblici prevede che gli operatori economici possano indicare, nella propria offerta, il differente contratto collettivo applicato che assicura tutele equivalenti rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente nel bando.
Prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, le stazioni appaltanti acquisiscono:
Il nuovo Allegato I.01, con intenti semplificatori, ai fini della dichiarazione di equivalenza delle tutele in parola, introduce una presunzione legale di equivalenza.
Si considerano equivalenti, dispone il legislatore, le tutele garantite da contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro, sottoscritti congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del contratto collettivo di lavoro indicato dalla stazione appaltante, attinenti al medesimo sotto-settore a condizione che ai lavoratori dell'operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell'impresa.
Per il settore edile, si considerano equivalenti i contratti collettivi nazionali di lavoro classificati mediante codice unico alfanumerico CNEL/INPES F012, F015, F018.
Al di fuori delle ipotesi in cui è applicabile l’automatismo di natura presuntiva, se l'operatore economico indica nell'offerta un diverso contratto collettivo di lavoro da esso applicato, si considerano, ai fini della valutazione di equivalenza, le tutele economiche e le tutele normative.
La valutazione di equivalenza economica dei contratti è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle seguenti voci:
La valutazione di equivalenza delle tutele normative è effettuata sulla base dei seguenti parametri:
NOTA BENE: I criteri de quo integrano, rivisitandoli, i criteri cristallizzati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n. 2 del 28 luglio 2020 e ripresi poi dall’ANAC con la Delibera n. 309 del 27 giugno 2023, di approvazione del Bando tipo n.1 – 2023.
Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l'equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell'invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri di equivalenza delle tutele normative sono marginali.
Le linee guida per la determinazione delle modalità di attestazione dell'equivalenza delle tutele e per la valutazione degli scostamenti considerabili marginali dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti sono definite con decreto interministeriale, da adottarsi entro il mese di marzo 2025 (90 giorni dalla data di entrata in vigore del nuovo Allegato I.01).
Per consentire alle stazioni appaltanti (o agli enti concedenti) di verificare la congruità dell'offerta ai sensi dell'articolo 110 del Codice (riguardante le offerte anormalmente basse), gli operatori economici sono tenuti a trasmettere la dichiarazione di equivalenza in sede di presentazione dell'offerta.
La stazione appaltante (o l'ente concedente) verifica la dichiarazione prima di procedere all'affidamento o all'aggiudicazione.
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