Commercialisti. Focus sulle passività potenziali e loro iscrizione in bilancio

Pubblicato il 15 ottobre 2019

Pubblicato il documento “Le passività potenziali: valutazione ed iscrizione in bilancio” da parte del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei dottori commercialisti.

Si tratta di un contributo molto importante per consentire a coloro che redigono il bilancio di collocare correttamente alcune poste di bilancio, che possono avere natura soggettiva o oggettiva.

Il riferimento va, in primo luogo, alle passività ed, in particolare, a quelle che non essendo considerate passività certe, devono essere, nelle loro differenti gradazioni, richiamate in bilancio mediante l’apposizione in un fondo rischi, piuttosto che in nota integrativa.

I valori oggettivi, soggettivi, le stime e le congetture

Il documento dei commercialisti si apre con una riflessione sull’articolo 2423, secondo comma, del Codice civile, che nella redazione del bilancio impone tre obblighi: “chiarezza”,” veridicità” e “correttezza”.

Questi doveri impongono all’estensore del bilancio di valutare determinate poste con particolare attenzione, dato che ad esse è correlato un “rischio” (ad esempio, crediti di difficile esigibilità) o più semplicemente una “garanzia”, reale e non, (ad esempio un bene immobile gravato da ipoteca), che potrebbe tramutarsi in rischio concreto (ad esempio, l’escussione dell’immobile).

La chiarezza, la veridicità e la correttezza sono dunque funzionali all’iscrizione delle poste di bilancio, che possono essere di natura oggettiva o soggettiva.

Nella prima parte del loro contributo, i commercialisti distinguono i valori di bilancio che hanno carattere oggettivo da quelli che hanno carattere soggettivo.

I primi derivano da atti di scambio, di natura certa e incontrovertibile, mentre i secondi sono il frutto di processi valutativi, pertanto di natura discrezionale. Per i valori oggettivi si parla di quantificazione-accertamento e per i valori soggettivi di quantificazione-determinazione.

Il valore oggettivo è dunque una passività “certa”, come un mutuo o un debito di fornitura. Il valore soggettivo è conseguenza della segmentazione in periodi amministrativi della vita aziendale, per determinare il risultato d'esercizio con la determinazione dei costi di competenza.

Nel processo valutativo, le poste soggettive, a loro volta, si distinguono in stime e congetture: si ricorre alla stima in presenza di una grandezza economica che è difficilmente determinabile per carenza informativa; la congettura è invece una supposizione, una proposta, senza alcuna pretesa di realtà, solo ha una pretesa di “congruenza”.

Le passività potenziali nel processo valutativo

Il fulcro del documento dei commercialisti è, comunque, rappresentato dall’analisi delle passività. Ciò alla luce del fatto che il tema della valutazione e la contabilizzazione delle passività potenziali è ancora oggi non definito in relazione alle disposizioni del Codice civile in vigore.

Pertanto, secondo i commercialisti, per maggiore chiarezza sull’argomento, non essendo sufficienti le sole indicazioni codicistiche, è necessario far riferimento ai suggerimenti forniti dagli organismi contabili nazionali e internazionali.

Particolare attenzione viene, dunque, posta sulla differenza tra passività “probabile”, iscrivibile in un fondo rischi, e passività “possibile” da richiamare in nota integrativa, o passività “remota”, che non richiede alcuna informativa di bilancio. Il tutto al fine di stabilire in quale circostanza il rischio, riconducibile anche ad una garanzia che è fatta valere, debba essere tradotto in una passività “probabile”, “possibile” o “remota”.

Tra i documenti dell’Organismo italiano di contabilità, si fa espresso riferimento all’OIC 31, che al paragrafo 10 definisce le passività potenziali come quelle che “rappresentano passività connesse a “potenzialità”, cioè a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma con esito pendente in quanto si risolveranno in futuro”.

La maggiore difficoltà, affinché si possa parlare di “passività potenziale”, è quindi quella di stabilire quando la probabilità” è tale da tramutarsi in effettivo rischio, ovvero in un’incertezza misurabile.

La natura della passività è alla base dell'iscrizione dei fondi per rischi e oneri. Secondo l’OIC 31 sono classificabili come fondi rischi le passività i cui valori stimati presentano natura determinata ed esistenza probabile, relativamente a situazioni in essere alla data di chiusura del bilancio. I fondi per oneri, invece, fanno riferimento a passività di natura determinata ed esistenza certa, seppure stimate nell'importo e nella data di sopravvenienza.

Conclusioni

Per i commercialisti, dunque, considerare una obbligazione come attuale o comunque probabile non è sempre facile.

La difficoltà più grande è quella di stabilire se si è in presenza di un “incertezza misurabile” (passività probabile) rispetto un “incertezza non misurabile” (passività possibile o remota).

Di conseguenza, si legge nel documento, “l’eventualità del rischio futuro riconducibile ad un’obbligazione passata richiede l’iscrizione in un fondo ad esso dedicato, poiché classificabile come passività probabile. Nell’ipotesi di passività possibile, riconducibile a situazioni esistenti alla data di bilancio, per le quali non è affatto possibile determinare con ragionevole certezza il danno futuro, è sufficiente un richiamo tra le note di bilancio, nello specifico in nota integrativa. L’ultima categoria, rappresentata dalle passività remota non richiede alcun tipo di informativa”.

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