Concessioni senza gara. Consulta: no a obbligo di esternalizzare tutti i contratti

Pubblicato il 23 novembre 2021

Corte costituzionale: no all’obbligo, per i titolari di concessioni affidate direttamente, di esternalizzare l’80% dei contratti di lavori, servizi e forniture nonché di realizzare il restante 20% delle attività tramite società in house o controllate.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 218 del 23 novembre 2021, ha dichiarato l’incostituzionalità delle norme che, in tema di contratti pubblici, obbligano i titolari delle concessioni già in essere, non assegnate con la formula della finanza di progetto o con procedure a evidenza pubblica, a esternalizzare tutta l’attività oggetto della concessione mediante appalto a terzi dell’80% dei contratti inerenti alla concessione stessa e all’assegnazione del restante 20% a società in house o comunque controllate o collegate.

In particolare, le disposizioni censurate sono quelle contenute nell’art. 1, comma 1, lettera iii), della Legge n. 11/2016 e nell’art. 177, comma 1, del Decreto legislativo n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

Corte costituzionale: la libertà d'impresa non può essere totalmente sacrificata

Secondo la Consulta, la previsione del predetto obbligo in capo ai concessionari "diretti" rappresenterebbe una misura irragionevole e sproporzionata rispetto al pur legittimo fine perseguito di garantire l’apertura al mercato e alla concorrenza, risultando lesiva della libertà di iniziativa economica.

Se, infatti, legittimamente, il legislatore può intervenire a limitare e conformare la libertà d’impresa in funzione di tutela della concorrenza, il perseguimento di tale finalità incontra pur sempre il limite della ragionevolezza e della necessaria considerazione di tutti gli interessi coinvolti.

La libertà d’impresa, in tale contesto, non può subire, nemmeno in ragione del doveroso obiettivo di piena realizzazione dei principi della concorrenza, interventi che ne determinino un radicale svuotamento, così come avverrebbe nel caso di un completo sacrificio della facoltà dell’imprenditore di compiere le scelte organizzative che costituiscono tipico oggetto della stessa attività d’impresa.

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