Concordato, sì alla falcidia Iva nel piano senza transazione fiscale

Pubblicato il 11 gennaio 2014 La Corte d’appello di Venezia, sezione I civile, con la sentenza 3055 del 23 dicembre 2013, chiarisce che se non è stata fatta la transazione fiscale il concordato preventivo può prevedere la riduzione dell'Iva.

La sentenza fornisce un orientamento contrario a quello adottato finora dalla giurisprudenza.

La questione verte sull’articolo 182 ter della legge fallimentare.

La domanda di ammissione al concordato preventivo da parte di una società in crisi, conteneva un piano che prevedeva, oltre al pagamento dei crediti in prededuzione e al soddisfacimento dei creditori divisi per classi nei limiti dell'importo capitale dovuto con soddisfacimento dei creditori ipotecari, anche il pagamento del 30% dei debiti verso i creditori privilegiati, tra cui gli istituti previdenziali e l’Erario, debiti Iva compresi, salvo che i crediti di questi non fossero stati assistiti da ipoteca.

Mentre per i giudizi precedenti l’esclusione del pagamento di parte dell’Iva, nel piano ai fini del concordato preventivo, aveva reso inammissibile il concordato stesso - proprio in virtù dell’art 182 ter, che per l'Iva e le ritenute di acconto operate e non versate dispone esclusivamente la dilazione - per la Corte d’appello di Venezia, tale interpretazione dell'articolo 182 ter è erronea in merito alla sua applicabilità anche al concordato preventivo, in quanto la proposta di pattuizione può non prevedere una transazione fiscale.

L’infalcidiabilità Iva trova, così, in questa sentenza applicazione esclusivamente nell’ambito della transazione fiscale. In tal modo, la riforma del concordato, all’interno di quella dei fallimenti, mira a facilitare l'uscita dalla crisi imprenditoriale e non a renderla più faticosa.
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