Concussione. Confermata la misura cautelare a carico dell'impiegato delle Entrate che abusa dei propri poteri

Pubblicato il 02 luglio 2013 La Sesta sezione penale di Cassazione, con la sentenza n. 28431 depositata il 1° luglio 2013, ha confermato la decisione con cui il Tribunale aveva disposto la custodia domiciliare nei confronti di un impiegato dell'agenzia delle Entrate accusato del delitto di cui all'articolo 317 del Codice penale per avere, mediante abuso dei poteri, costretto il gestore di due palestre, a versargli somme pari a 200 euro, prospettandogli la possibilità di evitargli l'accertamento che sarebbe scaturito da un esposto anonimo relativo ad asserite inadempienze fiscali.

L'imputato si era opposto alla decisione lamentando l'insussistenza delle esigenze cautelari in considerazione dell'avvenuta sospensione dal servizio, l'unicità dell'episodio illecito e la prevedibilità della concessione della sospensione condizionale della pena. Secondo la difesa dell'uomo, inoltre, il fatto ascrittogli, essendosi concretizzato nella prospettazione del male ingiusto derivante dall'accertamento fiscale conseguente all'esposto anonimo, doveva essere inquadrato nella ipotesi di induzione di cui al nuovo articolo 319 quater del Codice penale, per come introdotto dalla legge 190/2012.

A parere della Suprema corte, tuttavia, nei fatti, così come accertati, caratterizzati dalla prospettazione al gestore delle palestre, da un lato, dei gravi rischi cui sarebbe andato incontro per i controlli fiscali che si sarebbero protratti per anni e, contestualmente, dall'altro, della possibilità per l'indagato di risolvere il tutto previa una gratificazione economica, apparivano chiaramente inquadrabili nella figura della concussione, di tipo “costrittivo”. Ed infatti, l'impiegato delle Entrate, col suo comportamento “particolarmente insidioso” per il riferimento a una sottoposizione pluriennale a controlli e nel contempo assai determinato nel pretendere un compenso quale condizione per un intervento risolutore, aveva suscitato nel titolare delle palestre “il grave e concreto timore di una persecuzione fiscale che avrebbe potuto seriamente danneggiarlo in termini economici e psicologici”.
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