Confermato il provvedimento Privacy che impedisce il trattamento dei dati genetici trafugati

Pubblicato il 14 settembre 2013 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21014 del 13 settembre 2013, ha definitivamente respinto il ricorso di un uomo contro il provvedimento con cui il garante per la Privacy gli aveva vietato il trattamento dei dati genetici del figlio naturale che voleva disconoscere, dallo stesso ottenuti mediante prelievo di due mozziconi di sigaretta appartenenti a quest'ultimo, da parte di un'agenzia investigativa; questi mozziconi erano stati poi sottoposti, senza il consenso del titolare, al prelievo di campioni biologici ed accertamento del Dna, seguito da comparazione con quello dei due figli avuti dal secondo matrimonio.

L'Autority aveva vietato al ricorrente ogni ulteriore operazione volta al trattamento dei medesimi dati nell'ambito del procedimento civile pendente di disconoscimento di paternità del figlio naturale medesimo.

L'uso dei dati genetici – ha sottolineato la Prima sezione civile di Cassazione - è consentito in ambito sanitario solo quando c'è un'apposita autorizzazione del Garante il quale acquisisce anche il parere del ministero della salute e del Consiglio superiore di Sanità. Nella specie, tuttavia, non esisteva alcuna finalità sanitaria che poteva giustificare questa autorizzazione.

Non solo. A differenza di quanto fatto valere dal ricorrente, non c'è stata alcuna violazione del diritto di difesa in capo al presunto padre in quanto la stessa tutela poteva essere assicurata con altri mezzi e in altri tempi; ed infatti, l'indagine sul Dna poteva essere espletata nel corso del giudizio, nell'ambito del quale, peraltro, l'eventuale rifiuto ingiustificato dell'interessato a sottoporsi al prelievo, avrebbe costituito un comportamento processuale d'indubbio rilevo probatorio.
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