Congedo obbligatorio, no al prolungamento a seguito di parto prematuro

Pubblicato il 05 maggio 2018

Con la sentenza del 27 aprile 2018, n. 10283, la Corte di Cassazione ha stabilito che la lavoratrice madre non può ottenere un allungamento del periodo di congedo obbligatorio dalla data di dimissioni del bambino nato prematuro se ne ha già fruito complessivamente.

In particolare, nel caso in questione, la donna aveva agito in giudizio contro l’INPS per ottenere il riconoscimento del diritto a fruire del congedo obbligatorio pre e post partum, oltre che nei cinque mesi di legge, anche nei 98 giorni in cui il figlio era rimasto ricoverato in ospedale, con la condanna dell’Istituto al pagamento delle relative somme spettanti.

E’ stato tuttavia stabilito, nella sentenza esaminata, che la lavoratrice madre può chiedere la sospensione del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro a causa del parto, in conformità a quanto previsto dalla normativa a tutela della maternità, ma la durata complessiva del beneficio, pre e post partum, non deve superare i 5 mesi previsti dalla legge.

Il principio di diritto

Conformandosi all’orientamento della Corte Costituzionale sul punto, la Suprema Corte, nel respingere il ricorso della lavoratrice madre, ha affermato che “il congedo di maternità non può essere prolungato ma solo sospeso in base a criteri ben precisi”.

In dettaglio, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta affermando che, a fronte di un parto prematuro con ricovero del neonato, la madre può chiedere di fruire del congedo post-parto, ma il relativo periodo decorrerà dalle dimissioni del bambino, non dal momento della nascita.

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