Conti bancari Cassazione pareri contrastanti

Pubblicato il 11 agosto 2016

Tra il 5 e il 9 agosto 2016 la Corte di Cassazione ha emanato due diverse pronunce in materia di accrediti sui conti bancari, mostrando un orientamento contrastante sull'argomento.

In ordine cronologico, la prima sentenza n. 16440 del 5 agosto 2016, tenendo conto della decisione della Corte Costituzionale n. 228/14 che ha stabilito che “è definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione sia dei prelevamenti sia dei versamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva”, sposta sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario siano stati usati dal professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei compensi, e che i versamenti corrispondano ad importi riscossi per l’attività professionale.

È, dunque, l’ufficio a dover provare che gli accrediti sul conto corrente riguardano importi incassati per l’attività professionale.

A distanza di soli quattro giorni, con la pronuncia n. 16697 del 9 agosto 2016, la stessa Corte ha sancito che “con riferimento ai versamenti effettuati dai predetti soggetti sui propri conti correnti resta, quindi, invariata la presunzione legale posta dalla predetta disposizione a favore dell’Erario, che data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 C.c. per le presunzioni semplici, superabile da prova contraria fornita dal contribuente (Cassazione n. 6237 del 2015 e n. 9078 del 2016), “il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cassazione sentenza n. 18081/10; sentenza n. 22179/08 e n. 26018/14)”. In altri termini riconoscendo gli accrediti ingiustificati sui conti bancari del professionista quali incassi.

Di fronte a tale cambio di rotta, appare più bilanciata la posizione dell'Agenzia delle Entrate che, nella circolare 16/E/2016 dello scorso 28 aprile, ha invitato gli uffici ad applicare le presunzioni a salvaguardia della pretesa erariale “secondo logiche di proporzionalità e ragionevolezza” evitando i rigidi automatismi, che fanno, per esempio, considerare compensi tutti i versamenti.

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